Mentre a Ventotene, nel mar Tirreno, Matteo Renzi, Angela Merkel e François Hollande si riuniscono per discutere del futuro dell’Europa, un’operazione con probabilità di riuscita seconde solo al rilancio della Francia di Carlo X, noi ammiriamo la carta geografica di questo grande Continente, familiare e misterioso come nessuno.
Non proprio la carta geografica, con i monti, i fiumi, gli affluenti e gli effluenti, la Dora Baltea e la Dora Riparia, ma quella allestita sulla base degli spostamenti della popolazione negli anni tra il 2000 e il 2011. Spostamenti dovuti a due fattori fondamentali: l’invecchiamento della popolazione stessa (alcuni soggetti, qui e là, invecchiano all’estremo di morire) e la mobilità dei giovani, spesso costretti a far la valigia per trovare un impiego.
Questi ultimi spostamenti possono essere lunghi o brevi: per quel che concerne la conformazione della mappa di cui sopra non c’è differenza. Ciò che importa - e che la mappa segnala con chiarezza - è che queste traiettorie di mobilità hanno un tratto comune: dirigono dalla periferia al centro, dalla campagna all’area urbana, dalla povertà alla (presunta) ricchezza. Ne risulta un Continente costellato di immense aree in cui la popolazione va calando a ritmi epocali: il Nord e l’Ovest della penisola Iberica, la Germania orientale, i Balcani, i Paesi del Baltico, parte della Scandinavia e, in misura minore, il Sud dell’Italia. Dove ricompare la gente sparita da queste aree? Nei Paesi del Benelux, a Londra, nelle aree costiere di Francia e Spagna, in Scozia e in tutta l’Irlanda. In generale, poi, nelle grandi città, non escluse quelle italiane.
Il terzetto di Ventotene, che ne sia consapevole o meno, discute dunque di un’Europa che, in gran parte, è uno scatolone vuoto, forse meglio rappresentato da una Lega delle Città che non da un Parlamento delle Nazioni. E comunque da un’utopia che se non ha perso di fascino e nobiltà, certo meriterebbe un profondo ripensamento culturale.
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