Export

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Non sono un uomo d'affari, proprio per nulla. E tuttavia perfino io finisco per incappare in qualche evidente possibilità di profitto. Sentite questa notizia, riportata ieri dal “Washington Post”: “In numerose occasioni, quest'anno, membri del Congresso (il parlamento americano, NdR) hanno organizzato raccolte di fondi e incassato pesanti assegni mentre erano impegnati nell'approvazione di nuove leggi; questo nonostante i ripetuti richiami al codice etico”. Il “Washington Post” sottolinea la presenza di lobby sempre più numerose e sempre più potenti che cercano in ogni modo di “comprare” i voti dei “congressisti”.
Si tratta, come ognuno può vedere, di una semplice questione di domanda e di offerta. Negli Stati Uniti c'è una gran domanda di parlamentari il cui voto sia in vendita. Non si vede chi, al mondo, potrebbe soddisfare questo bisogno meglio di noi. Accanto alle scarpe, ai vestiti, alle auto di lusso e al parmigiano, ecco aprirsi un mercato più che promettente: l'export di parlamentari. Ne abbiamo di modelli straordinari: flessibili, duttili, adatti a ogni stagione, resistenti alle più brusche ventate moralizzatrici. Parlamentari che durano, in grado di aderire perfettamente allo scranno loro assegnato e tuttavia capaci di distribuire il loro voto a destra e manca, ovvero come più conviene al committente, senza interferenze di scrupoli, coscienza e logica. Ma non c'è da perder tempo: pare che i cinesi ci stiano già copiando, in blocco, il Gruppo Misto.

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