Mia moglie non è di origine italiana. È nata e cresciuta a Hong Kong e dal 2002, anno del nostro matrimonio, si è stabilita qui. Giusto per amor del discorrere, qualche sera fa, a tavola, abbiamo affrontato il seguente tema (da lei impostato): «Se invece di essere il lazzarone che sei, ti fossi trasferito tu a Hong Kong, che cosa sarebbe successo?» La questione mi è parsa degna di approfondimento. Per esempio: mi fossi trasferito, avrei assunto la cittadinanza cinese? «Non subito - ha risposto mia moglie - Prima avresti dovuto ottenere un permesso di soggiorno. Più o meno come ho fatto io qui». «Interessante. Allora io, a Hong Kong, sarei considerato un extracomunitario in regola». Mia moglie ha sospirato: «Ma tu non sei un extracomunitario: sei un comunitario. Come potresti diventare un extracomunitario?» Ammetto di aver riso con una certa petulanza: «Ragiona, mia cara: finché mi trovo nella comunità, sono un comunitario; una volta uscitone, sono un extracomunitario. Da "extra", latino per "fuori"». Dalla gola di lei è salito uno scricchiolio sinistro: «Ma con "fuori" non si intende fisicamente fuori dalla comunità; si intende fuori dalla cittadinanza comunitaria». «Allora, a voler essere precisi, io dovrei essere considerato un comunitario fuori dalla comunità, ma non fuori dalla comunità: forse, a Hong Kong, tutto ciò potrebbe trovare degno compendio nella definizione di extra-non-extra-comunitario». La faccenda andava facendosi confusa. Per fortuna, da mia moglie è arrivata una parola di chiarezza:
«Finisci la cena».
«Finisci la cena».
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