I giornali di ieri riportavano due notizie che, da sole, valevano l’urgenza di fosche riflessioni. Il primo titolo lo abbiamo letto, tra gli altri giornali, nel Corriere della Sera: «Un serial killer libero per le strade. Evaso da un permesso premio». Il secondo lo sorteggiamo invece da Repubblica: «L’assessore assume la segretaria. Nel contratto obbligo di sesso».
In un Paese dove fatti del genere realmente accadono, e non sono frutto dell’umorismo grottesco di chi fa satira, la tentazione è di chiudere la proverbiale baracca e andarsene, dopo aver spento la luce su brutture che, oltre ad innalzare il tasso di disgusto, hanno anche la particolarità di svelare il curioso tasso di arrogante incapacità e sorniona perversità di chi amministra e gestisce ciò che deve (dovrebbe) essere amministrato e gestito.
Il fatto è che, un tempo, si poteva leggere la cronaca come si sarebbe fatto con un almanacco di bizzarrie: fatti raccolti nelle estreme propaggini del comportamento umano, bizzarrie rare come vitelli a due teste, mutazioni raccolte e catalogate per informare (e ammonire) il mondo sul potenziale spettro di aberrazioni sociali. In mezzo, potevamo sempre contare su un’area di - relativa - tranquillità, un terreno fertile ben irrigato dove coltivare relazioni famigliari e no, professionali e no, certi (o quasi) della loro riuscita, per così dire, botanica. Ebbene, da qualche tempo a questa parte la pianura sembra ritirarsi in un favore di un deserto nel quale, letteralmente, accade di tutto: serial killer che vagano impugnando contratti in bianco che impegnano le loro vittime a far sesso con loro prima di venire uccise.
Non vorrei davvero suonare apocalittico - ci vuole ben più confidenza di quanta mi appartenga - e non sto per vaticinare un’invasione di cavallette o un proliferare di reality-show ma temo sia evidente ormai come un po’ tutti noi, circondati dai giocattoli delle conquiste tecnologiche, guardiamo all’assurdo con faccia di pietra e cuore gelato.
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