Fammi accendere

Fammi accendere

Un’esplosione di entusiasmo è risalita in superficie dalle viscere della terra, ribollendo come limpida acqua di sorgente. I 33 minatori cileni intrappolati dal 5 agosto scorso a 700 metri di profondità nella miniera di San Josè hanno visto finalmente esaudite le loro preghiere più fervide: sono arrivate le sigarette.
Due pacchetti al giorno, non di più, che i poveri minatori dovranno dividersi tra loro. Da ex fumatore ho fatto subito il conto: 40 sigarette per 33 persone fa 1,21 sigarette periodico a testa. C’è da sperare che laggiù ci sia qualche non fumatore, in modo da rendere la spartizione più semplice ed equa, altrimenti sarà un macello. Se solo venti di loro fossero in debito di nicotina, avremmo una situazione più tollerabile: due sigarette al giorno, si può tirare avanti. Vero è che un minatore, con ogni probabilità, due sigarette se le fuma al mattino mentre fa la barba (probabilmente tutte e due contemporaneamente) ma, come diceva Jeeves a proposito di un’imperfetta piega di pantaloni notata durante l’alluvione, «la situazione è d’emergenza e bisogna prepararsi a qualche concessione».
Da ex fumatore capisco anche che l’invio delle sigarette è stato salutato come la prima di due indispensabili liberazioni: adesso che questa è arrivata, quella successiva (il ritorno a casa) la si può attendere con più calma. Ve lo assicuro, perché so cosa vuol dire. Noi ex fumatori, per esempio, aspettiamo il giorno in cui ci annunceranno la fine del mondo; allora, con un sospiro, potremo finalmente dire: «Fammi accendere, va’...»

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