«BOLZANO, 18 FEB - La Procura di Bolzano ha chiesto il rinvio a giudizio per una donna che avrebbe sottratto soldi e beni per il valore di 400.000 euro a una donna altoatesina facendole credere di poter levare un inesistente “malocchio” a un suo parente».
Sarà perché abbiamo visto troppi film con Totò e Peppino, ascoltato troppe storie di colore napoletano o perfino perché ci è capitato di sfogliare Pirandello, ma la notizia qui sopra va a sfregare con esito quasi fisicamente doloroso contro tutte le nostre profonde convinzioni e, soprattutto, contro i nostri più sedimentati pregiudizi.
Già l’ambientazione è fuori luogo. Ci immaginiamo infatti che la Procura di Bolzano debba vedersela con crimini diversi, magari conseguenza di qualche sussulto indipendentista degli eredi del Befreiungsausschuss Südtirol. Potremmo al limite concepire qualche rissa dovuta a eccesso di Gewürztraminer o di acquavite alla pera. Invece, eccoci nel bel mezzo di una commedia alla Eduardo Scarpetta.
C’è poi quel “donna altoatesina” a scombinare ancor di più il quadro. La mente non riesce a comporre un’immagine verosimile nella quale una donna che si suppone impegnata tutto il santo giorno a preparare confettura di ribes e a lucidare le gote delle mele possa lasciarsi irretire da paure che, d’istinto, ci sembrano più marittime che alpine, più temperate che boreali.
Si tratta, ovviamente, di un limite della mente, della portata ridotta del bagaglio culturale. Basta fare una ricerca in Rete, infatti, per rendersi conto che il concetto di “malocchio” è presente nelle tradizioni popolari di Paesi coperti dal deserto come dalla neve, bagnati dal mare come increspati dalle montagne. Soprattutto basta osservare come la frase “clicca qui per scoprire come si toglie il malocchio” è tradotta in tutte le lingue, dall’afrikaans al vietnamita, per scoprire che, volendo, si può passar per fessi a tutte le latitudini.
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