Finalmente impopolare

Sostengono le cronache che la popolarità di Silvio Berlusconi sarebbe in declino. Qualche fischio, alcune manifestazioni di impazienza e, a Douville, Obama che simula un attacco di otite pur di non sorbirsi, per l’ennesima volta, la tiritera sulla dittatura dei giudici. Intendiamoci: non che Berlusconi sia diventato "impopolare" come il titolo di questa rubrica, sbrigativo, vorrebbe insinuare: semplicemente, è meno popolare di prima. Forse, dopo 17 anni di "mi consenta", la gente non gli consente più, o gli consente meno. Ci sarebbe da stupirsi?
Il sospetto è che questa perdita di popolarità metta Berlusconi in ambasce, lo faccia soffrire, gli rovini l’umore e lo renda incapace di apprezzare una buona velina dopo cena come ai tempi d’oro. Se è così, a nostro modesto avviso sbaglia, perché proprio questa improvvisa ondata di impopolarità potrebbe trasformarlo, finalmente, in qualcosa di più simile a uno statista. La popolarità, infatti, non è affatto la principale caratteristica che ritroviamo nei migliori capi di governo.
Churchill, per esempio, non era "popolare": non fermava la folla quando passava per strada, non ispirava canzoni e non gli si intitolavano fan club. Se tutto ciò fosse accaduto, il primo a rammaricarsene sarebbe stato lui, che avrebbe temuto di perdere la privacy necessaria per fumarsi un sigaro in santa pace. Se non popolare, era però autorevole e, nel momento del pericolo, il Paese non ebbe esitazioni nel rivolgersi a lui. Ed egli rispose senza far ricorso a barzellette e canzoni napoletane.

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