Nel generale senso di indignazione per i privilegi della Casta credo si annidi un fondamentale equivoco. Temo si pensi che tali privilegi vengano garantiti soltanto sotto forma di prebende di ampiezza ridicola, di auto blu, di favori elargiti da amici e di favori elargiti ad amici, di rimborsi indecenti e irrazionali nonché dall’accesso ad altre forme di guadagno ancora più illegali e tuttavia praticate con disinvoltura. Non che tutto ciò sia falso: è anzi dolorosamente vero. L’equivoco sta nel fatto che non basta a definire i privilegi della Casta. C’è dell’altro, e non cosa meno grave.
A fronte dell’allegro scoppiettare delle nuove promesse elettorali, i giornali si sono divertiti a mettere in fila i più clamorosi impegni assunti in passato dai partiti e, naturalmente, mai messi in pratica. Lo hanno fatto, si noti bene, senza ricorrere a toni particolarmente indignati. Anzi, il contesto generale era piuttosto ironico e rassegnato, come un compito da svolgere per mettere il lettore di fronte al riscontro oggettivo di un dato di cui, in cuor suo, era già certo.
Da questo punto di vista, il reato commesso della politica è perfino più grave - certamente più subdolo - della comune appropriazione indebita o della catastrofica corruzione. Slegare il concetto di "promessa" da quello di responsabilità, farne un uso talmente disinvolto che i più spericolati pubblicitari se ne vergognerebbero, mi sembra un delitto fatto e finito.
Nel dizionario, tra i sinonimi di "promessa" c’è "impegno". E di "impegno" in effetti si tratta, con tutte le conseguenze morali, il prezzo congiunto, la cambiale di onorabilità che esso comporta. La Casta ne fa un uso disonesto perché monco, sfigurato: le sue promesse sono come le facciate dei finti edifici di Cinecittà. E su quelle finestre piene di aria e illusioni, si vede come sia troppo facile annunciare l’abolizione dell’Imu.
A fronte dell’allegro scoppiettare delle nuove promesse elettorali, i giornali si sono divertiti a mettere in fila i più clamorosi impegni assunti in passato dai partiti e, naturalmente, mai messi in pratica. Lo hanno fatto, si noti bene, senza ricorrere a toni particolarmente indignati. Anzi, il contesto generale era piuttosto ironico e rassegnato, come un compito da svolgere per mettere il lettore di fronte al riscontro oggettivo di un dato di cui, in cuor suo, era già certo.
Da questo punto di vista, il reato commesso della politica è perfino più grave - certamente più subdolo - della comune appropriazione indebita o della catastrofica corruzione. Slegare il concetto di "promessa" da quello di responsabilità, farne un uso talmente disinvolto che i più spericolati pubblicitari se ne vergognerebbero, mi sembra un delitto fatto e finito.
Nel dizionario, tra i sinonimi di "promessa" c’è "impegno". E di "impegno" in effetti si tratta, con tutte le conseguenze morali, il prezzo congiunto, la cambiale di onorabilità che esso comporta. La Casta ne fa un uso disonesto perché monco, sfigurato: le sue promesse sono come le facciate dei finti edifici di Cinecittà. E su quelle finestre piene di aria e illusioni, si vede come sia troppo facile annunciare l’abolizione dell’Imu.
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