Il sospetto che tra i due settori, diciamo così, professionali ci fosse più di una affinità è stato sempre fortissimo tra chi ha frequentato l'uno, l'altra o, cosa affatto probabile, tutti e due. I settori di cui sopra sono il giornalismo e la prostituzione ma le affinità, più che di carattere generale (anche se non ne mancano perfino di questo tipo) sono da ricercarsi nelle specifiche professioni di cronista e pappone o, se preferite un linguaggio più raffinato, di giornalista e pappone.
La circostanza che ora conferma le affinità di cui sopra deriva dalla crisi simultanea che ha colpito entrambi i professionisti, crisi che ha la stessa origine: Internet. Un'inchiesta dell'Economist ha rivelato come le tariffe del sesso mercenario siano ovunque in forte calo. Questo è dovuto alla scomparsa della figura intermedia: il pappone, appunto. I contatti tra signorine e clienti avvengono direttamente, grazie a prenotazioni online: non dover più pagare la "protezione" consente all'operatrice di offrire ampi sconti all'utilizzatore finale, come l'avvocato Ghedini volle eloquentemente definire questa essenziale figura di costituzionalista. Lo stesso, duole dirlo, sta avvenendo nel giornalismo. Social network e blog consentono uno scambio diretto di informazioni senza più il filtro del giornalista che raccoglie il fatto, lo stende in forma di notizia e lo pubblica. Di conseguenza, l'editoria sta conoscendo una crisi la cui profondità solo i papponi possono comprendere.
Non so se c'è una ricetta comune che possa risollevare le sorti di queste sventurate professioni. Ragioni personali mi portano a sperare che tra le due abbia più chance quella del giornalista. Ma forse dovrei liberarmi dagli schemi e incominciare ad allargare le mie vedute. In fondo, visto che questa rubrica esiste anche in forma di blog, e dunque in diretto contatto con i lettori, il sottoscritto ormai non ha più affinità con un giornalista o con un pappone di quante ne abbia con, ehm, la fornitrice iniziale.
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