Qui – e con qui intendo dappertutto – c'è qualcosa che non va. Prendiamo la faccenda del lavoro. Io non sono più giovane ma se fossi tale incomincerei a sentirmi nervoso. Ad agitarmi sarebbe certo la mancanza del lavoro medesimo ma, soprattutto, l'ostinazione con cui chi è più grande di me continua a dirmi che devo dimenticarmi dell'assunzione a tempo indeterminato, degli scatti di anzianità e di tutta una serie di benefici fino a oggi più o meno garantiti.
Non dico che quelle affermazioni siano arbitrarie o sbagliate: dico che non sono credibili. Il più delle volte, infatti, vengono da persone appartenenti a generazioni che hanno preteso e ottenuto il posto fisso come fosse un diritto divino e che tuttora hanno ragione di aspettarsi una pensione altrettanto sicura e sostanziosa. Non solo queste persone hanno goduto dell'impiego permanente e garantito: quasi sempre hanno potuto bivaccare nel mondo del lavoro con le spalle doppiamente coperte. La loro generazione (che poi è anche la mia) è infatti quella dei figli dei figli del dopoguerra. I nostri genitori, lavorando duro e approfittando delle opportunità aperte dalla ricostruzione e dalla modernizzazione, riuscirono ad accumulare capitali che ci hanno messo al riparo da qualunque rovescio. Oggi, dopo aver divorato quei denari per comperarci la seconda casa e la terza macchina, pretenderemmo di insegnare ai ragazzi la frugalità, il rischio e l'adattabilità.
Peggio di chi dispensa consigli è chi li scrive: i giornalisti della carta stampata che, pur vivendo nel mondo digitale e a esso partecipando attivamente, si chiedono come mai quotidiani e settimanali stiano perdendo mercato. Siamo come operai che di giorno fabbricano lampade a gas e la sera, sotto la luce della lampadina elettrica, si arrovellano cercando di capire come mai le vendite vadano così male.
La buona notizia è che nessuno sa che cosa succederà. Il mercato, come il mondo, troverà da sé un assetto nuovo: nel farlo, dividerà gli uomini in vinti e vincitori. E' un bene, credetemi che non si sappia prima chi saranno gli uni e chi gli altri.
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