Grazie, signora

Sarà stato il vento di questi giorni. Oppure, chissà, saranno le fasi della vita. Gli alti e bassi. Insomma, quella roba lì. Fatto sta che ieri mi sentivo un poco nervoso. Inquieto. Passando nella piazza del paese, ho visto la signora Malinpeggio appostata sulla panchina. Due balzi e l’ho raggiunta.

«Buongiorno, signora»

«’giorno».

«Le va di fare due chiacchiere? Mi sembra che l’attualità offra parecchi spunti. Siamo alla vigilia di elezioni e i nodi, come si suol dire, vengono al pettine. Non trova?»

«No».

«I movimenti anti-Euro alzano la voce. Assicurano che se non usciamo dalla moneta unica per noi sarà la fine. I loro avversari, al contrario, ammoniscono che la vera catastrofe sarebbe tornare al passato, alla liretta, piccola imbarcazione in balia dei marosi della globalizzazione. Un vero dilemma, non pensa?»

«No».

«E del governo, che cosa mi dice? Non è inquietante il fatto che dal 16 novembre 2011, con l’insediamento di Mario Monti a palazzo Chigi, l’Italia non abbia più avuto un premier eletto dal popolo? Monti, Letta, Renzi. A decidere dei nostri destini, in fondo, è rimasta una persona sola: il presidente Napolitano. Certo è questione fondamentale, no?»

«No».

«E ora avremo anche le elezioni amministrative. Un altro bel problema. I Comuni sono ancora gli enti più vicini alla gente eppure lo Stato conferisce loro sempre meno risorse. D’altra parte, certi paesi sono stati amministrati davvero male e, anche a livello locale, la classe dirigente sembra riflettere l’impoverimento di quella nazionale. Mi chiedo che cosa possiamo fare per rimediare a questa situazione. Non se lo chiede anche lei?»

«No».

«Grazie signora. Mi sento molto meglio. È sempre un piacere parlare con lei. Buona giornata».

«A lei».

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