A volte basta poco perché la memoria si metta a correre a ritroso, come se volesse raggiungere il più in fretta possibile un imprecisato punto di origine. È un sentimento, quasi sempre, malinconico e rassicurante: come se ogni possibile certezza fosse ormai alle spalle, ma non per questo del tutto irrecuperabile.
Queste galoppate della mente avvengono, come è ovvio, quando meno te l’aspetti: se non fossero spontanee, non sarebbero così sorprendenti. A me, per esempio, ne è capitata una leggendo alcune parole in un giornale. Queste: «Il ministero degli esteri russo si aspetta che la vicenda degli arresti di presunte spie russe negli Usa non abbia un impatto negativo sulle relazioni tra Mosca e Washington. Lo riferisce l’agenzia Interfax citando un portavoce».
Un tempo, a dire il vero, era l’agenzia «Tass» a lasciare trapelare, dietro la cortina di ferro, le poche, gelide, comunicazioni che l’Unione Sovietica riteneva necessario far conoscere al mondo. Per il resto, c’è tutto di quei tempi: l’impersonalità di quel "ministero" invece di "ministro"; l’autorità sottintesa dal "si aspetta"; l’"impatto negativo" evocato in termini di negazione eppure ben evidenziato. Quelle righe, in conclusione, ci riportano alla Guerra Fredda. E a chi vuol pensare che sia una brutta cosa dico solo di riflettere: io non baratterei una Guerra Fredda del passato - per quanto plumbea, seriosa e formale come un vestito grigio - con nessuna delle Guerre Idiote attuali.
Queste galoppate della mente avvengono, come è ovvio, quando meno te l’aspetti: se non fossero spontanee, non sarebbero così sorprendenti. A me, per esempio, ne è capitata una leggendo alcune parole in un giornale. Queste: «Il ministero degli esteri russo si aspetta che la vicenda degli arresti di presunte spie russe negli Usa non abbia un impatto negativo sulle relazioni tra Mosca e Washington. Lo riferisce l’agenzia Interfax citando un portavoce».
Un tempo, a dire il vero, era l’agenzia «Tass» a lasciare trapelare, dietro la cortina di ferro, le poche, gelide, comunicazioni che l’Unione Sovietica riteneva necessario far conoscere al mondo. Per il resto, c’è tutto di quei tempi: l’impersonalità di quel "ministero" invece di "ministro"; l’autorità sottintesa dal "si aspetta"; l’"impatto negativo" evocato in termini di negazione eppure ben evidenziato. Quelle righe, in conclusione, ci riportano alla Guerra Fredda. E a chi vuol pensare che sia una brutta cosa dico solo di riflettere: io non baratterei una Guerra Fredda del passato - per quanto plumbea, seriosa e formale come un vestito grigio - con nessuna delle Guerre Idiote attuali.
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