“La civiltà di una Nazione si misura dallo stato delle sue prigioni” diceva Voltaire. Il quale Voltaire, a dirla tutta, aveva un'opinione per ogni cosa e, se qualcuno dissentiva, lui si offriva di morire perché l'altro potesse farlo a suo agio. Discutere con uno così, capirete, diventa perfino stucchevole. Meglio avere a che fare con uno Sgarbi che ti manda a quel paese in tempo record.
Il problema, qui, non è però Sgarbi e neppure Voltaire: il problema è lo stato delle prigioni. Di quelle norvegesi, per la precisione. Dalle spesse mura di un carcere scandinavo filtrano infatti le proteste di un detenuto d'eccezione: quell'Anders Behring Breivik responsabile di aver assassinato 77 persone, in gran parte ragazzi, nel luglio del 2011. Condannato a 21 anni, Breivik si lamenta oggi per le “condizioni inumane” in cui viene trattenuto e per la censura che lo priverebbe di ogni “libertà di espressione”. Egli inoltre sostiene che, in cella, gli viene imposto, per scrivere, l'uso di una penna soffice e pieghevole che gli “procura crampi”; questa imposizione gli pare “una manifestazione di sadismo quasi indescrivibile”.
Dal fondo della sua cella, Breivik ha raccolto tutte le sue lamentele in una lunga lista consegnata all'avvocato e, credo, ora si aspetta che le truppe dell'Onu vadano a liberarlo. Sarebbe facile, a questo punto, esprimere indignazione per le petulanti richieste di un mostro che, alle sue 77 vittime, non solo ha negato la libertà di espressione ma anche il diritto alla vita. Tuttavia, a mente fredda, bisogna ricordare la frase di Voltaire e farne tesoro. La civiltà è quella cosa che dobbiamo ostinarci a coltivare anche quando, intorno a noi, gli altri ne fanno strame. A questo proposito, suggerirei di incominciare subito a migliorare la qualità della detenzione di Breivik riconsegnandogli la sua lunga lista di lamentele sotto la voce amministrativa “supplemento di carta igienica”.
Il problema, qui, non è però Sgarbi e neppure Voltaire: il problema è lo stato delle prigioni. Di quelle norvegesi, per la precisione. Dalle spesse mura di un carcere scandinavo filtrano infatti le proteste di un detenuto d'eccezione: quell'Anders Behring Breivik responsabile di aver assassinato 77 persone, in gran parte ragazzi, nel luglio del 2011. Condannato a 21 anni, Breivik si lamenta oggi per le “condizioni inumane” in cui viene trattenuto e per la censura che lo priverebbe di ogni “libertà di espressione”. Egli inoltre sostiene che, in cella, gli viene imposto, per scrivere, l'uso di una penna soffice e pieghevole che gli “procura crampi”; questa imposizione gli pare “una manifestazione di sadismo quasi indescrivibile”.
Dal fondo della sua cella, Breivik ha raccolto tutte le sue lamentele in una lunga lista consegnata all'avvocato e, credo, ora si aspetta che le truppe dell'Onu vadano a liberarlo. Sarebbe facile, a questo punto, esprimere indignazione per le petulanti richieste di un mostro che, alle sue 77 vittime, non solo ha negato la libertà di espressione ma anche il diritto alla vita. Tuttavia, a mente fredda, bisogna ricordare la frase di Voltaire e farne tesoro. La civiltà è quella cosa che dobbiamo ostinarci a coltivare anche quando, intorno a noi, gli altri ne fanno strame. A questo proposito, suggerirei di incominciare subito a migliorare la qualità della detenzione di Breivik riconsegnandogli la sua lunga lista di lamentele sotto la voce amministrativa “supplemento di carta igienica”.
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