Semmai volessimo impegnarci a risolvere almeno alcune delle questioni che ci dividono (destra e sinistra, Nord e Sud, Coca e Pepsi), dovremmo prima di tutto prendere atto che, contrariamente a quanto si crede, non saranno i fatti ad aiutarci. Sembrerebbe naturale pensare che di fronte al riscontro oggettivo, solo i più testardi – probabilmente in malafede – rifiuterebbero di cambiare opinione. Squaderniamo i fatti, dunque, e troveremo un'intesa.
Manco per niente. Qualcosa del genere, mi sembra di ricordare, era già stato suggerito in passato, ma ora un nuovo studio lo conferma: vedersi presentare i fatti sotto il naso non fa cambiare opinione a nessuno. Certo, se i fatti di cui sopra confermano le nostre posizioni, allora saremo felici di adottarli. Altrimenti, non c'è speranza che ci inducano a riflettere. Al contrario: i sentimenti di rabbia e umiliazione suscitati dal venir contraddetti prevalgono e il risultato finale è che ci rintaniamo ancor più saldamente nel fortino delle nostre convinzioni.
Ecco perché le (poche) volte che i “fatti” vengono presentati in un talk show non c'è verso che qualcuno dica: “Ah, però: se le cose stanno così mi sbagliavo”. Al contrario, è come buttare benzina sul fuoco. Gli ego dei partecipanti alla fiera tv, già spropositati, si infiammano di orgoglio ferito per la pubblica smentita, e la risposta sta solo nel cambiare arma di confronto: dal fioretto si passa all'artiglieria, dal sarcasmo all'insulto. Se poi aggiungiamo l'osservazione che i fatti, nelle rare volte in cui vengono proposti, sono evidentemente parziali, scelti fior da fiore tra quelli che possono corroborare (anche se, come abbiamo visto, alla fine non corroborano un accidente) le opinioni di chi li presenta, ecco completato il processo di annichilimento dell'oggettività. C'è poco da fare: siamo creature soggettive e della faziosità abbiamo bisogno per definire identità che altrimenti, al paragone del cosmo, hanno poco senso. Direi che questo è un fatto, se non servisse soltanto a convincervi del contrario.
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