I Giochi del 3010

Ci sono alcuni fattori per i quali ognuno di noi si augura di vivere a lungo. Uno di questi, non secondario, è la curiosità: «Voglio proprio vedere come va a finire». Ma, fino a quando Berlusconi non rivelerà il segreto della vita eterna, su «come andrà a finire» possiamo soltanto tirare a indovinare. Il che, sia detto con chiarezza, non è affatto un esercizio inutile: l’umanità, nel suo percorso storico, ha tratto un certo giovamento dai visionari, anche se non da tutti.
Una delle cose che mi piacerebbe sapere come va a finire è questa faccenda delle Olimpiadi. Come sapete, la città di Roma porrà la sua candidatura per i Giochi del 2020, nonostante l’irritazione di Venezia che sperava di poter rappresentare la candidatura italiana per la stessa edizione. Siamo in presenza di un classico conflitto d’orgoglio tipico dei nostri tempi ancora arretrati. Chi ha potuto "visitare" il futuro, infatti, assicura che le cose non andranno sempre così. Prima di tutto perché, purtroppo, ci si renderà conto che ospitare le Olimpiadi, per quanto prestigioso a livello internazionale, è un bagno di sangue sul piano economico. E infine perché, prima o poi, avanzando nei secoli, tutte le città del mondo avranno ospitato almeno un’edizione dei Giochi e vedranno la possibilità di un secondo incarico come una rottura di scatole. Alla cerimonia di assegnazione, dunque, non saranno improbabili scene pietose: «Dov’è finito il rappresentante di Venezia? - chiederà il presidente del Cio nel 3010 - In bagno? Andate a tirarlo fuori. Che non faccia il furbo: stavolta i Giochi toccano a lui...»

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