I miei simili

I miei simili

Io e gli animali – specie quelli che possono sbranarmi, avvelenarmi, schiacciarmi o incornarmi – abbiamo un accordo: loro mi lasciano in pace a casa mia, io non vado nel loro habitat portandomi appresso una troupe televisiva. E' questo un accordo non scritto ma che ha sempre funzionato egregiamente. Spiace constatare che alcuni, tra gli uomini, non sentano il bisogno di applicarlo. Non sto parlando degli studiosi i quali, in virtù di un interesse superiore se non supremo, si trovano costretti a infliggere agli animali certi disagi per saperne di più sulla loro anatomia e sulle loro abitudini. Parlo piuttosto dei conduttori di quei programmi tv che impazzano su canali come Discovery e perfino National Geographic. In questi programmi, individui poco dotati sotto il profilo intellettuale richiamano l'attenzione dei telespettatori scocciando creature di diverse specie: spalancano le mascelle ai coccodrilli, strangolano serpenti, svegliano tigri dal loro sonnellino pomeridiano e, in generale, disturbano l'ordine della natura passeggiando avanti e indietro vestiti in kaki come perfetti imbecilli. Il tutto perché noi, a casa, si possa provare un brivido nel vedere un nostro simile sfidare la sorte e correre il rischio di fare la fine di una bistecca al sangue. Devo ammettere che un po' il gioco funziona: quando vedo uno di questi tizi molestare con insistenza un cobra reale, finisce che mi preoccupo per la sorte del mio simile. Che, a quel punto, è senza dubbio il cobra.

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