Potrei sbagliare - e certo non sarebbe una sorpresa - ma ho l’impressione che del manipolo di ardimentosi parlamentari “grillini” che si sono installati, per protesta, sul tetto del palazzo di Montecitorio al Paese non importi granché. Hanno avuto il loro spazio sui giornali, sono stati intervistati dalle tv e molti romani, passando da quelle parti, avranno alzato lo sguardo riconoscendone la presenza ma, in tutta onestà, non mi sembra che, nell’opinione pubblica, si sia diffusa una preoccupata sollecitudine nei confronti dei manifestanti.
Le ragioni della protesta, va detto, non possono essere più serie. I rappresentanti del Movimento 5 stelle dicono di essere in ansia per le sorti della Costituzione. Si oppongono a ogni ventilata riforma, in particolare a quella dell’articolo 138 che stabilisce regole severe per la revisione costituzionale e che, di conseguenza, è il primo da scardinare qualora si voglia modificare la Carta aggiungendo il presidenzialismo alla francese o magari una sezione di parole crociate.
A onta dei giornalisti che hanno descritto l’impresa grillina bisogna dire che, nei reportage, non c’è molto di tutto questo: si racconta dei panini («ma anche mandorle e barrette energetiche»), delle telefonate con Grillo e del problema di ricaricare l’iPhone. Il tutto condito con l’ironia di cui è capace la categoria: praticamente zero.
Risultato: non abbiamo né un serio dibattito sulla Costituzione né una serie di godibili articoli di costume o, fosse il caso, di satira. E io resto con la perplessità per l’indifferenza con cui la protesta grillina è stata accolta. Forse, ma è solo un sospetto, il sentimento generale è che queste ascensioni vanno bene per operai disperati, disoccupati cronici ed emarginati senza voce. Chi è in politica, è il nostro pensiero sommesso, non appartiene alle categorie di cui sopra, quelle che possono permettersi il clamore. I deputati vogliono difendere la Costituzione? Lo facciano a livello del mare, tra la gente, in aula. In fondo, è quello che da anni chiediamo ai politici: di restare con i piedi per terra.
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