Con una partita giocata a Houston, Texas, contro i messicani del Chivas Guadalajara, il Milan ha concluso il suo tour nordamericano in preparazione al campionato di serie A. La fine del viaggio e delle amichevoli in esso comprese mi ha riempito di malinconia perché, in questa estate così incerta e cadenzata da eventi drammatici, nulla quanto le vicissitudini del Milan sono riuscire a risollevarmi lo spirito.
Non fraintendetemi, non sto dicendo di aver assistito compiaciuto alla serie di sconfitte incassata dalla squadra rossonera: ero e rimango tifoso del Milan e, pertanto, ogni scivolone rappresenta per me un piccolo-grande dolore. Il divertimento, soverchiante rispetto alla rabbia per rovesci in partite del tutto ininfluenti, consisteva nel seguire l’account Facebook del Milan e nel godere dell’esilarante contrasto tra i post - permeati di un ottimismo “ufficiale”, dovuto e quanto mai artificiale - e i commenti dei tifosi: innamorati traditi, viste le pessime prospettive della squadra, e dunque amari, esasperati, sarcastici e spesso apertamente ostili.
Nelle settimane di viaggio per gli Stati americani e di schiaffoni rimediati sui campi, frequentati a trottola fino a quando si è trovata una squadra, quella messicana, disposta a farsi battere, la dicotomia non si è mai placata, e anzi ha conosciuto un irresistibile crescendo rossiniano. Da una parte i “ciao, ragazzi”, gli “amici rossoneri”, i “#forzamilan” e “la squadra è al lavoro!”, dall’altra gli “andate a lavorare”, i “fate pena” e i “vergogna brocchi”. Sublime un commento sotto le facce sorridenti di due anonimi calciatori (?) in aereo: «E questi chi c... sono?»
La comicità, ovviamente, sta nel rifiuto della società di ammettere, attraverso l’account, che i giorni di gloria sono evidentemente finiti. Il “social network” è dunque tutto meno che “social”: denuncia il rifiuto di ragionare, di guardare la realtà, in nome di una facciata immutabile. È una scoperta importante: il sorriso dell’ottimista non è speranza; più probabilmente, trattasi di paresi.
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