Trovo molto triste che i ricorsi della Storia, o se preferite le sue convulsioni temporali, ci riportino a una stagione in cui, chissà, potrebbe tornare lo spauracchio di una guerra con la Russia. Dallo scaffale mi guardano sconfortati i dorsi delle opere di Turgenev, Puskin, Dostoevskij, Tolstoj e - soprattutto - i magnifici Gogol’ e Babel’: possibile che si parli ancora di pericolo rosso - pardon, russo? Sembra quasi che il nostro destino sia legato a un cambio di vocale. Per fortuna - o purtroppo - il possibile conflitto è condizionato da un fattore che, apparentemente, gioca a nostro favore: i russi stanno morendo.
Ci sono tanti modi a disposizione di un popolo per morire: i russi li abbracciano quasi tutti. Innanzitutto, si muore non nascendo: il tasso di natalità a Mosca e dintorni è molto basso. Se è per questo, anche a Ovest non è che le culle, mussolinianamente parlando, siano piene: a Est sono però particolarmente vuote. Si muore, poi, dopo essere nati e anche in questo i russi si distinguono: muoiono per malattia, per suicidio, per alcol e per gli accidenti e gli incidenti più vari. Un dato: nei diciassette anni tra il 1992 e il 2007 la popolazione della Russia è scesa di sette milioni, circa il cinque per cento: un declino da periodo bellico, sconosciuto in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il fenomeno, dicono le statistiche, è dovuto oltretutto più a un aumento della mortalità che a una diminuzione delle nascite. A metà degli anni Novanta, gli abitanti di San Pietroburgo vivevano in media sette anni in meno rispetto all’ultimo periodo del regime comunista: non un motivo sufficiente per rimettere in sella l’Unione Sovietica, ma certamente uno spunto per gravi riflessioni.
Perché i russi muoiano così tanto è difficile dire. Chi ha studiato il caso arriva alla conclusione più vaga e raggelante: muoiono per «mancanza di speranza». Da 25 anni a questa parte a tanti russi manca una buona ragione per vivere: davvero chi li governa può pensare che, tra le tante cose di cui hanno disperato bisogno, ci sia proprio la guerra?
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