Il cervello in bocca

Ieri mattina, la prima immagine che ho visto proveniente dal meraviglioso mondo del web è stata quella di un uomo morto con i testicoli infilati in bocca. Spiacente di avervi rovinato la colazione, ma volevo che le parole riproducessero almeno in parte l'effetto di sorpresa che l'immagine ha avuto su di me.

Vi chiederete: ma che razza di siti vai frequentando? Nulla di proibito: l'immagine circola liberamente sul più popolare e domestico dei social network. Viene spacciata come notizia-scoop ma è una faccenda che percorre da anni i selvaggi sentieri della Rete. La notizia, semmai, sono i commenti di gaudio e soddisfazione che, a decine, risultano inseriti sotto l'immagine. La ragione del tripudio è che la foto viene presentata come il documento della punizione inflitta, in Brasile, a un pedofilo. Nessuno sa se sia vero: ci si accontenta di crederlo. Le storie dietro una foto così cruenta, spacciata senza alcun riferimento giornalistico, potrebbero essere mille altre e non tutte altrettanto, diciamo così, “edificanti”. Non importa: basta una didascalia - “La foto 'choc' del pedofilo evirato in Brasile” – perché le urla di giubilo arrivino al cielo. E guai a insinuare il dubbio, guai a sottolineare la gratuita violenza della foto: si è tacciati all'istante di complicità con il presunto mostro e, va da sé, la gioielleria personale viene verbalmente attaccata con forza estirpatrice.

In realtà la foto non aiuta affatto la lotta alla pedofilia e non rivela nulla di questo spaventoso fenomeno. Dice molto di noi, invece, e della nostra attrazione per la violenza. Basta una piccola scritta – che nessuno si prende la briga di verificare sia vera o no – e l'immagine più rivoltante, venduta come testimonianza di una giustizia insindacabile (chi mai si metterebbe a difendere un pedofilo?), è lì bella pronta a soddisfare la nostra latente voglia di sangue. Una voglia finalmente soddisfatta senza sensi di colpa e, anzi, in pieno compiacimento morale. Questa forma di giustizia, io temo, vorrebbe che un giorno si venga fotografati noi con il cervello in bocca.

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