Il ciclone biellese

Avrà anche ragione, chi lavora nei quotidiani, a lamentarsi che la pubblicità non è più quella di una volta, che «Internet ci ha rovinato» e che, una volta, qui erano tutti annunci economici. Se le inserzioni commerciali sulla carta stampata registrano stagioni difficili, all’orizzonte s’ode il lamento di un’altra forma di promozione: lo spot televisivo.

Prima di darmi del matto, lasciate che precisi: sto parlando degli spot delle emittenti locali. Lo so benissimo che gli spot patinati, lussuosi, fragrance by Dior e Calvin Klein for Men continuano a imperversare. Si tratta però di un’élite, diffusa quanto si vuole ma pur sempre élite.

Quello che viene a mancare, come uno zio anziano, è lo spot locale, fatto in garage, trasmesso sotto casa e diffuso nel quartiere. In America lo danno per estinto, ovvero travolto nella sua essenza pachidermica dai velocissimi (e poco costosi) annunci che si possono mettere online. Da noi sopravvive grazie a qualche carrozzeria e a un paio di mercatoni, ma non si fatica a immaginare che a breve possa toccargli la stessa sorte.

Per chi conosce la televisione di oggi, e soltanto quella di oggi, è difficile credere che attraverso lo schermo, diventato nel frattempo ad alta definizione quando non addirittura 3D, giungevano un tempo, grazie al supporto di antennine portatili affiancate a quelle centralizzate, immagini sgranate di mobilifici brianzoli, di lampadarifici dell’hinterland milanese e di concessionarie del Bresciano. Eppure anche questo veicolo di promozione commerciale, dilettantesco quando non sgangherato, ebbe il suo momento di gloria. Negli anni Ottanta, l’Italia intera fu investita dalla tempesta Aiazzone, il mobilificio biellese che invitava architetti a pranzo e cena, consegnava «isole comprese» ed esortava a «provare per credere». Un ciclone kitsch che travolse l’Italia e parve per un momento trasformarla in un immenso soggiorno in sedicente legno massello. Oggi il ciclone si è placato e noi guardiamo soltanto spot Doc. Siamo diventati internazionali, senza per questo essere più sofisticati.

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