Noto che il romanzo «Il buio oltre la siepe» («To kill a mockingbird») di Harper Lee viene presentato in libreria con una fascetta a cura dell’editore: essa lo annuncia come «consigliato» da Barack Obama «contro ogni forma di razzismo».
Mi guardo bene dal contraddire Obama: il consiglio, in quanto tale, è ottimo. Mi stupisco però che il presidente degli Stati Uniti si prenda la briga di sostenere un libro la cui importanza, nel suo Paese, dovrebbe essere ben nota. A paragone, insomma, sarebbe come se il presidente Napolitano se ne venisse fuori con un informale elogio dei «Promessi Sposi»: «Mica male, come romanzo: dovrebbero leggerselo tutti quelli che hanno la tentazione di divorziare». Oppure, come se, in fatto di letteratura, Silvio Berlusconi manifestasse una certa predilezione per «Playboy»: chi potrebbe stupirsene?
Il fatto è che quando un uomo politico adotta un libro al punto da "consigliarlo" sotto sotto, forse, c’è qualcosa, non dico di losco, ma quantomeno di interessato. Di solito il gesto di consigliare un libro a un amico sottende un messaggio personale: ti passo un romanzo che mi è piaciuto perché ti racconti qualcosa di me. Nel caso del politico, si sospetta qualcosa di diverso. Il consiglio di un libro fa pensare al tentativo di vendere un ideale preconfezionato, una trama di società, un romanzo di futuro: politica, insomma. Credo che tutto sommato la tecnica funzioni: fossi americano, il consiglio di Obama mi influenzerebbe. Voterei senz’altro per Harper Lee.
Mi guardo bene dal contraddire Obama: il consiglio, in quanto tale, è ottimo. Mi stupisco però che il presidente degli Stati Uniti si prenda la briga di sostenere un libro la cui importanza, nel suo Paese, dovrebbe essere ben nota. A paragone, insomma, sarebbe come se il presidente Napolitano se ne venisse fuori con un informale elogio dei «Promessi Sposi»: «Mica male, come romanzo: dovrebbero leggerselo tutti quelli che hanno la tentazione di divorziare». Oppure, come se, in fatto di letteratura, Silvio Berlusconi manifestasse una certa predilezione per «Playboy»: chi potrebbe stupirsene?
Il fatto è che quando un uomo politico adotta un libro al punto da "consigliarlo" sotto sotto, forse, c’è qualcosa, non dico di losco, ma quantomeno di interessato. Di solito il gesto di consigliare un libro a un amico sottende un messaggio personale: ti passo un romanzo che mi è piaciuto perché ti racconti qualcosa di me. Nel caso del politico, si sospetta qualcosa di diverso. Il consiglio di un libro fa pensare al tentativo di vendere un ideale preconfezionato, una trama di società, un romanzo di futuro: politica, insomma. Credo che tutto sommato la tecnica funzioni: fossi americano, il consiglio di Obama mi influenzerebbe. Voterei senz’altro per Harper Lee.
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