Il contagio

Solo ieri, ce ne hanno rifilate tre. La prima narrava di un deputato che, per scrivere il programma di una neonata formazione parlamentare, ha attinto con larghezza al manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile. Giù tutti a indignarsi, quando la reazione più corretta sarebbe stata lo stupore: come avrà fatto, il deputato, a trascrivere tutta quella pappardella sul verso di un assegno?
La seconda ci ha deliziato con l’impresa di un secondo deputato il quale, nell’emiciclo, ha alzato un cartello con la scritta «Maroni assassino», costringendo il suo leader di partito a scusarsi, un leader alleato a prendere le distanze e Dio stesso a mandare due righe sul fatto che a tutti, perfino a Lui, capita di distrarsi.
La terza ce l’ha concessa il vicepresidente di un centro statale di ricerca scientifica: egli si è abbandonato a considerazioni sull’Impero romano, sostenendo che la caduta del medesimo fu dovuta agli «invertiti» che lo infestavano. Da parte nostra, ci chiediamo invece a cosa attribuire il declino della ricerca scientifica in Italia.
Tre notizie del genere in un giorno inducono a riflettere. Che cosa provoca, in noi, la loro lettura? Indignazione, certo. Un poco di vergogna, pure, ma anche il sollievo che sia toccato ad altri e non a noi di venir equipaggiati con cervelli siffatti. Ma se una notizia è un episodio, tre sono un’epidemia e incomincia a diventare necessario pensare più in grande e più a fondo per coglierne la natura. Saremo in tempo per farlo?

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