Quando un critico, in una recensione, infila cinque volte la parola «stupido», il lettore incomincerà a sospettare che il giudizio finale non sarà del tutto positivo. Questa insistita ripetizione del termine «stupido» accade nella recensione video che il critico cinematografico Paolo Mereghetti ha dedicato al film "A Natale mi sposo", primo degli attesi "cinepanettoni" 2010. A voler essere precisi, più che una recensione quella di Mereghetti sembra un appello, una preghiera. Il critico descrive "A Natale mi sposo" come «il punto più basso» mai toccato dalla già «bassa» storia dei "cinepanettoni". Non contento, si costringe a raccontare una delle gag incluse nel film allo scopo di dimostrarne l’assoluta futilità. Quindi, ripete: «Ecco, questo è il livello di stupidità raggiunto dal film», dando l’impressione di essere personalmente toccato, offeso diremmo, dall’idiozia di "A Natale mi sposo". Un critico come Mereghetti sa bene che tra il suo giudizio e quello del pubblico ci sarà sempre una deriva, una fisiologica separazione. Ma, senza pretendere che il pubblico si presenti in massa a un corso di cinema d’autore, la sua sensibilità non può restare muta di fronte all’affronto alla Settima Arte.
Non ha torto perché, pur difendendo il diritto di tutti a scegliere un film al solo scopo di divertirsi e pur rivendicando la necessità, di tanto di in tanto, di abbandonarsi a una grassa risata, occorre riconoscere che i "cinepanettoni" hanno veramente superato il limite: riescono a insultare l’intelligenza anche laddove di intelligenza non ce n’è più.
Non ha torto perché, pur difendendo il diritto di tutti a scegliere un film al solo scopo di divertirsi e pur rivendicando la necessità, di tanto di in tanto, di abbandonarsi a una grassa risata, occorre riconoscere che i "cinepanettoni" hanno veramente superato il limite: riescono a insultare l’intelligenza anche laddove di intelligenza non ce n’è più.
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