Con l’età - così impone la natura - cadono i capelli e cresce la nostalgia. Molto sarebbe dovuto all’inventore di un dispositivo che invertisse le tendenze ma, fino al momento in cui qualcuno si farà avanti, dobbiamo accettare il nostro destino con il miglior spirito sportivo.
Se dunque nostalgici dobbiamo essere, cerchiamo almeno di esserlo per le cose che meritano nostalgia: tra queste, non esiterei a indicare le audiocassette. Se parlo di questi oggetti un tempo cari e oggi in disuso, una ragione c’è. Pare infatti che la Sony abbia messo a punto un nuovo tipo di nastro magnetico in grado di memorizzare, per pollice quadrato, un numero stupefacente di informazioni, di molto superiore a qualsiasi altro supporto.
Tutto questo non avrà, probabilmente, alcuna conseguenza per l’utente domestico - il nuovo materiale sarà impiegato per lo “stoccaggio” di grandi volumi di dati - ma ha il merito, del tutto morale, di concedere una rivincita al vecchio nastro, da anni messo da parte in favore dei supporti digitali.
Nel nostro piccolo, sospettavamo che il nastro avesse qualche cosa di magico, così come intuivamo le potenzialità quasi soprannaturali del vinile, altro materiale oggi in pieno rilancio. A suggerirci la vitalità del nastro era la fatica che ci toccava nel preparare una cassetta mix per gli amici o, come a noi maschi accadeva spesso, per la fanciulla di cui si voleva ottenere l’attenzione. “Costruire” un nastro mix era artigianato artistico: prima di tutto, la selezione dei brani doveva incontrare i favori della destinataria ma anche raccontare qualcosa (molto) di noi; poi subentrava la manualità, la pazienza, il controllo del volume, il calcolo dei tempi (in modo che il nastro vergine, alla fine di ogni lato, non fosse troppo lungo o che, problema opposto, l’ultimo brano risultasse monco); per ultimo, s’imponeva una revisione finale. Un nastro diceva tante cose dei nostri sentimenti: il cuore, allora, girava a C90.
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