Non ho visto il servizio di Report su oche e Moncler e non intendo vederlo. Non perché voglia chiamarmi fuori dal coro dell’indignazione. Semplicemente perché la mia opinione non influirebbe sul gran macchinario di invettive, distinguo, insulti e ragionamenti che, sul caso in questione, è stato messo in moto. Al contrario, la non-visione rappresenta per me (e solo per me: tengo a precisarlo) un’occasione irripetibile per parlare, in serenità se non in oggettività, di una faccenda che vorrei chiamare “ineffabile selettività umana”.
Il fatto è che non viviamo nel mondo. Viviamo in una proiezione del mondo che, a convenienza nostra e altrui, viene disposta sotto i nostri occhi. È il mondo in cui è facile pensare che polli disossati e bistecche nascano in origine sotto forma di polli disossati e bistecche e non siano invece il frutto di un quotidiano massacro nel quale vite nate con l’espresso compito di morire vengono spente una dopo l’altra con un’efficienza che guarda alla presentabilità del prodotto e non all’umanità - parola ridicola! - della cinica soppressione.
Il mondo presentato sotto i nostri occhi - e che il più delle volte scegliamo di guardare - esalta le meraviglie che troviamo nello smartphone - per esempio l’efficienza e la risoluzione con cui è in grado di fotografare i selezionatissimi panorami turistici - senza alcun indizio sulle condizioni di lavoro, spesso orripilanti, di chi il telefono lo costruisce.
Cresciuti in questa realtà filtrata, sulla quale l’intero sistema si basa, in noi è rimasto il suono dell’indignazione, alla quale ricorriamo per istinto pavloviano,in modo da ottenere un riconoscimento di virtù ogni qualvolta un fotogramma imprevisto, sfuggito alla censura dell’ipocrisia, attira la nostra attenzione. Temo però che l’indignazione vera non lo sappiamo più cosa sia, perché, assassini ciechi e impuniti, non sappiamo più che cosa significhi davvero uccidere per mangiare, far scorrere il sangue, sentire sotto le dita il palpito di un cuore che sussulta, soffre e, piano piano, si arrende.
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