Dopo infiniti tentativi, finalmente ci siamo: l’Italia si è infilata nel dibattito più intricato, sottile, specioso, accademico e irrisolvibile che sia possibile immaginare. In altre parole: il Dibattito Perfetto, completo in sé, eterno, ipnotico.
Mi riferisco alla discussione nata in seguito alla condanna della commissione Grandi rischi, colpevole, secondo il tribunale dell’Aquila, di aver «sottovalutato», nella riunione che precedette di cinque giorni il terremoto del 6 aprile 2009, lo sciame sismico che da tempo interessava il sottosuolo della zona, trascurando di promuovere misure per la sicurezza pubblica.
Una sentenza inedita che pare studiata apposta per creare una spaccatura verticale. Da una parte gli scienziati che, non a torto, vorrebbero sapere se per caso siamo ammattiti, se si pretendono da loro doti divinatorie: come si fa a sapere se uno sciame diventerà una tempesta e soprattutto di quale forza sarà e in quale momento preciso si scatenerà? Dall’altra, c’è chi replica che da tempo là sotto stava succedendo qualcosa, i segnali non mancavano e, forse, si poteva concludere la famosa riunione con qualcosa di meglio che un «vabbuò, speriamo bene».
Il Dibattito Perfetto, insomma, perché contrappone la logica (ma a volte anche la rigidità) scientifica al vago (ma a volte intuitivo) senso comune: due fronti destinati per definizione a non incontrarsi mai, a non capirsi mai. Così, impegnati nella sterile e sfiancante discussione, potremo evitare di affrontare un argomento pericolosamente concreto: non la previsione dei terremoti ma la prevenzione delle conseguenze dei medesimi. Magari sviluppando per legge l’edilizia antisismica, ficcando in galera chi erige palazzi pubblici con cemento avariato e neutralizzando chi, ogni giorno e senza bisogno di aiuti sismici, devasta il Paese a colpi di incuria, avidità e ignavia.
Mi riferisco alla discussione nata in seguito alla condanna della commissione Grandi rischi, colpevole, secondo il tribunale dell’Aquila, di aver «sottovalutato», nella riunione che precedette di cinque giorni il terremoto del 6 aprile 2009, lo sciame sismico che da tempo interessava il sottosuolo della zona, trascurando di promuovere misure per la sicurezza pubblica.
Una sentenza inedita che pare studiata apposta per creare una spaccatura verticale. Da una parte gli scienziati che, non a torto, vorrebbero sapere se per caso siamo ammattiti, se si pretendono da loro doti divinatorie: come si fa a sapere se uno sciame diventerà una tempesta e soprattutto di quale forza sarà e in quale momento preciso si scatenerà? Dall’altra, c’è chi replica che da tempo là sotto stava succedendo qualcosa, i segnali non mancavano e, forse, si poteva concludere la famosa riunione con qualcosa di meglio che un «vabbuò, speriamo bene».
Il Dibattito Perfetto, insomma, perché contrappone la logica (ma a volte anche la rigidità) scientifica al vago (ma a volte intuitivo) senso comune: due fronti destinati per definizione a non incontrarsi mai, a non capirsi mai. Così, impegnati nella sterile e sfiancante discussione, potremo evitare di affrontare un argomento pericolosamente concreto: non la previsione dei terremoti ma la prevenzione delle conseguenze dei medesimi. Magari sviluppando per legge l’edilizia antisismica, ficcando in galera chi erige palazzi pubblici con cemento avariato e neutralizzando chi, ogni giorno e senza bisogno di aiuti sismici, devasta il Paese a colpi di incuria, avidità e ignavia.
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