Il fondo del caffè

Il fondo del caffè

Ti giri e trovi un problema che non ti saresti mai aspettato. L'inquietudine, oggi, deriva da una notizia letta su un sito di ricerca scientifica. Il quale sito, in un articolo troppo ben documentato per essere preso sottogamba, denuncia che presto, entro la fine del secolo, la pianta del caffè (“Coffea arabica”) potrebbe essere estinta. Responsabile del disastro, al solito, il cambiamento climatico, quello che una volta si chiamava “riscaldamento globale” ma adesso non si può più perché altrimenti, alla prima nevicata, i commentatori dei giornali, col cervello in congelamento, fanno ironie fuori luogo.

Certo, si potrebbe osservare che, prima della fine del secolo, di caffè dovremmo riuscire a bercene ancora parecchi e, dopo tutto, se il cambiamento climatico porterà uragani da una parte e desertificazione dall'altra, quello della tazzina sarà davvero un problema minore.

Per quanto mi riguarda, dubitando di poter arrivare vivo alla fine del secolo, posso solo immaginare le conseguenze di una vita senza caffè. Credo che, più ancora che una mutilazione aromatica, sarà una decurtazione acustica, la fine di una popolare colonna sonora. Con il caffè, verrà a mancare la tazzina del medesimo e con questa l'apparato necessario a prepararla. Niente più acciottolio della tazza sul piattino, basta con l'argentino clangore del cucchiaino; cesseranno i colpi profondi inferti dal barista sul cassetto onde svuotare il filtro e daremo l'addio al gorgoglio della bevanda che sgorga dalle viscere della macchina.

Inoltre, l'uomo dovrà privarsi di una radicata anche se negletta cultura: la conversazione da caffè. “Cosa prende?”, “Io macchiato”, “Amaro”, “Senza caffè non funziono”, “Ci voleva”, “Dovrei limitarmi a due al giorno”, “Offro io”, “No, lasci”. E soprattutto l'implacabile commento che, all'uscita, si sgancia sulla soglia del bar: “Non so il tuo, ma il mio faceva proprio schifo”.

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