Il fossato

Il fossato

Una volta che si parla di donne è difficile smettere. L’ho fatto ieri e, sorprendendo me stesso, torno a farlo oggi. C’è gente, mi dicono, che dell’argomento se ne occupa per tutta la vita: una scelta, a pensarci bene, niente affatto stupida.
Naturalmente, occorre evitare di occuparsene in maniera scientifica. Gli scienziati, quando si concentrano su qualcosa - generalmente bacilli e muffe - trascurano ogni coinvolgimento sociale, per non dire sentimentale, con l’oggetto dei loro studi e pretendono risultati. Nel nostro caso, non ci sono risultati da ottenere. Le due parti - maschi e femmine - sono e resteranno distanti, anche se secoli di letteratura, musica, arte, psicanalisi e cartomanzia hanno provveduto ad avvicinarle, così è stato calcolato, di ben 6,2 nanometri. Molto, si intuisce, resta da fare e temo occorrerà procedere con estrema pazienza. Uomini e donne, infatti, non sono separati da un abisso apertosi di botto, da una voragine squarciatasi a causa di un primordiale "big bang": no, il fossato s’è aperto poco a poco, intaccato da una progressiva erosione. È la goccia delle quotidiane discrepanze ad averlo scavato. Come quando lei, abituata a pensare e attuare più cose contemporaneamente, telefona a lui in ufficio per chiedergli, quando torna, di «mettere fuori l’umido». Lui, come ogni uomo, è convinto della centrale importanza del suo lavoro, onestamente persuaso che la sua opera sia necessaria alla salvezza del mondo. E allora sbuffa perché, per rispondere a lei, ha smesso di fissare, sul computer, lo screensaver con la mucchina che bruca l’erba.

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