Se, senza spendere troppo tempo e denaro, volete concedervi un’escursione per il mondo, così, tanto per accertarvi in che stato si trovi dopo due anni di pandemia e oltre un mese di guerra, non dovete fare altro che aprire Facebook - meglio se sulla app destinata al telefono cellulare - toccare l’icona dei video e, dopo aver aperto il primo filmato, far scorrere col pollicione le schermate, una dopo l’altra in rapida sequenza.
Attenzione: il trucco sta nel lasciare che ogni video incominci sì, ma solo per pochi secondi, uno o due: occorre infatti passare subito a quello successivo e a quello dopo ancora, virtualmente per un infinito numero di carezze da polpastrello.
È indispensabile non permettere al video di procedere per più di qualche istante, perché altrimenti si viene risucchiati e si diventa partecipi di quanto in esso accade, per volgare, orribile o assurdo che sia. Prestare troppa attenzione a questi brani filmati significa allacciare con loro un rapporto di complicità e perdere completamente il contesto generale in cui appaiono su Facebook, contesto che li denuncia senza possibilità di errore per incongruenti, folli e perfino velenosi.
La sequenza che andrete formando col moto del pollicione dipende ovviamente dall’impostazione della vostra pagina personale, dagli interessi che avete mostrato e che l’algoritmo ha raccolto, ma perfino se vi siete limitati a dibattiti di filosofia e concerti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’apparato del social, così bulimico e frettoloso, vi restituirà un collage internazionale quasi sempre desolante.
Facebook, come altri social, sopravvive ingurgitando frammenti di sordida eccentricità, tentativi di umorismo che già dalle premesse si denunciano per modesti, fotogrammi ricavati dal saccheggio di film visti e rivisti e comunque privi di contesto e monchi di atmosfera, quadretti sportivi nei quali il gioco viene spesso ridotto ad acrobazia e/o incidente.
Nulla, poi, risalta tanto quanto i discorsi motivazionali rilanciati in tutte le lingue da sussiegosi oratori dai quali dovremmo imparare il segreto della vita, anzi i segreti della vita, al plurale, perché tanti ce ne sono: uno o più per ogni oratore. Gente mai sfiorata dal dubbio che interpreta il proprio successo personale come una parabola universale e da essa fa discendere un insegnamento diretto alla massa con la magnanimità del sovrano sfiorato dal divino, e pazienza se viene il sospetto che la luce di tanta generosità si rifletta sempre e comunque su chi la emana, velandone la figura di mito pretenzioso.
Per fortuna accade spesso che codesta melliflua alterigia, processata nel frullatore creato dallo scorrimento delle immagini - simile a un “Blob” autoprodotto - venga ripagata dall’involontario sberleffo, ovvero dalla giustapposizione delle pernacchie di Pierino-Alvaro Vitali o delle scoregge di Bombolo. Una sorta di giustizia governa il caos, anche nei social: però a lungo andare questa si perde e così l’incazzatura di Cacciari equivale alla risata di Cassano ed entrambe sono indistinguibili dalla “ventilatio intestinalis putrens” del geometra Calboni.
Ma forse il povero Calboni - “puccettone” - stavolta non c’entra: quel sibilo è il suono del mondo che si sgonfia rilasciando tutta la sua boria.
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