Se questo sarà il futuro anche per noi - o, in qualche misura occulta, è già il presente - lo scopriremo presto. Per i cinesi è di certo una realtà quotidiana e, dal 2020, lo diventerà in via ufficiale.
Parliamo del “social credit system”, ovvero dell’apparato tecnologico con il quale il governo cinese si propone di “valutare” ogni singolo cittadino e di affibbiargli un voto: più alto il voto, più bravo il cittadino, più basso il voto... ci siamo capiti.
Ma “bravo”, in questo contesto, che cosa significa? Parecchie cose: finanziariamente affidabile, prima di tutto (non a caso un progenitore del sistema, il programma Sesame Credit, è gestito dal colosso e-commerce Alibaba), ma anche disciplinato, onesto negli affari e, se responsabile di un ufficio pubblico, del tutto incorruttibile. Inoltre, il credit system può valutare il comportamento del cittadino all’interno della comunità in cui vive: è un buon vicino, un genitore responsabile, porta fuori la spazzatura all’ora designata dal regolamento condominiale? Oppure suona la tromba alle tre di notte, parcheggia di traverso e gioca a pallone in cortile (trasgressione, come si sa, punibile con la morte e non solo in Cina)?
Un simile, capillare sistema di “valutazione” (definiamolo per quel che è: controllo di massa) certamente farà inorridire le nostre coscienze di occidentali (non a caso molti commentatori hanno paragonato l’idea a una sceneggiatura di “Black Mirror”), ma in Cina sono abituati a usare soluzioni grandi per problemi grandi, non diversamente dai produttori del pennello Cinghiale. La politica “un solo figlio per nucleo familiare”, per esempio, è rimasta in vigore dal 1979 al 2013.
Ora, a fronte delle libertà finanziarie ed etiche che si sono presi molti cittadini da poco lasciati liberi di scorrazzare nelle praterie del capitalismo, nonché tempestato di proteste per il comportamento poco urbano di parecchi connazionali all’estero, il governo cinese ha deciso per un’altra soluzione drastica, in questo aiutato dalla tecnologia. La raccolta dei dati online consente di attribuire un “punteggio” a ogni cittadino: a punteggio basso corrispondono “punizioni” correlate, come il “travel ban”, ovvero il divieto di viaggiare all’estero, l’esclusione dei figli dalle ambite scuole private e perfino l’assegnazione di uno “status” scadente nelle piattaforme social dedicate agli incontri di coppia. Al contrario, il voto alto permette di trovare lavoro più facilmente, di ottenere mutui agevolati e di “saltare la fila” in caso di necessità burocratiche. Infine, telecamere piazzate ovunque e sistemi di riconoscimento facciale valutano il comportamento pubblico dei cittadini, abbassando il punteggio qualora buttino a terra una cartaccia o parcheggino male la bicicletta (figuriamoci se dovessero partecipare a una manifestazione di protesta). Il voto governativo, peraltro, non è segreto: ognuno può verificarlo tramite una app sul telefonino e, se è insoddisfacente, “darsi da fare” per migliorarlo.
Insomma, ci siamo: Stato più tecnologia più algoritmi hanno finalmente realizzato la distopia orwelliana del Grande Fratello. Per fortuna, da noi in Occidente, una più radicata coscienza individuale impedirà ai governi di attrezzare un sistema tanto sfacciato di controllo sociale. Come da gloriosa tradizione, dovranno farlo di nascosto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA