Il grande cartolaio

Non so per quale tortuoso, estivo, esausto e insonne percorso mentale sono arrivato a pensare alle cartolerie, ma sono ben lieto di averlo fatto. Forse, circondato dall'afa come sono, avverto un'indefinita attrazione per l'ombreggiatura che, nel ricordo, dominava la cartoleria vicino a casa, o forse non c'è bisogno di scuse per pensare alle cartolerie, come non c'è necessità di giustificarsi per voler addentare una pesca o bere un bicchiere d'acqua gelata con una fetta di limone. Divago ma non troppo perché, pensando alle cartolerie, penso proprio a quei piccoli piaceri soddisfatti senza che nulla rimanga irrisolto.

Nella cartoleria vicino a casa c'era, ovviamente, il cartolaio. Era un signore gentile, di bassa statura e di sagoma decisamente arrotondata. L'ho sempre visto indossare un camice nero, tranne la sera, quando chiudeva il negozio: allora era in giacca e cravatta e io lo guardavo, credo, con un poco di riprovazione, come se stesse abbandonando la sua missione – il negozio – per lanciarsi in chissà quale sconveniente avventura.

Quando era nel pieno delle sue funzioni, il cartolaio aveva una risposta per tutto. Matita morbida 2B? Pronto. Inchiostro di china? Eccolo. Goniometro trasparente? Detto, fatto. Ogni richiesta era accolta con un breve sorriso – come dire: “Anche questa volta non me la fate” - e un breve tragitto – il locale era minuscolo – verso lo scaffale o il cassetto opportuno. Mi sarei aspettato, oggi che i computer da soli possono fare praticamente tutto quello che facevano gli infiniti oggetti in vendita nel negozio, che le cartolerie fossero estinte e invece ne esistono ancora. Non quella della mia infanzia, purtroppo, anche se il suo gentile proprietario certo confidava nella sopravvivenza, se non di se stesso, almeno della specie. Egli sapeva, nella sua grande saggezza, che gli uomini possono percorrere vie misteriose e allontanarsi dalle cose buone ma, prima o poi, avranno sempre bisogno di una matita 2B.

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