Il grande coro

Tra i buoni propositi per l’anno nuovo (ma esistono ancora anni “nuovi”?) sarebbe forse il caso di inserire il non infierire sul comandante Francesco Schettino, l’intrepido marinaio che, due anni fa, andò a schiantare la nave da crociera Costa Concordia nei pressi dell’isola del Giglio.

Purtroppo egli riserva ai buoni propositi il trattamento più rischioso: li stuzzica con le tentazioni. Ogni dichiarazione, recente o passata, del comandante è infatti un potenziale innesco per ironie, sarcasmi, battute e sberleffi.

L’ultima è quella che si è sentita nei giorni scorsi. La voce registrata di Schettino che, pochi giorni dopo il naufragio, davanti a un magistrato ammette: «È stato un mio errore». Quindi, ecco lo scalare la vetta del più monumentale eufemismo mai utilizzato dalla notte dei tempi: «Non ho nessun modo di dire che sono stato bravo, in questo caso».

Placati gli sghignazzi, potremo ritrovare lucidità sufficiente per riconoscere al comandante il merito di aver coniato una formula che, se applicata in passato, avrebbe potuto riscrivere la storia smussandone gli angoli più ruvidi.

Quasi lo immaginiamo Hitler, nel fragore delle bombe sovietiche che cadono a pochi passi dal bunker di Berlino, giunto finalmente alla resa dei conti con se stesso, guardare negli occhi Eva Braun e confessare: «Non posso dire di essere stato buono». E ancora: quanto è vivida l’immagine di Icaro, la cui ambizione si sciolse ai raggi del sole: mentre precipita, le illusorie ali ridotte a un ammasso informe, lo sentiamo mormorare, «Non mi si può dire che volavo basso». Potrebbe resistere, infine, Pantragruele a balzar fuori dal libro di Rabelais, l’intera sua persona cosparsa di sugo e macchie di grasso? «Non mi si può accusare» affermerebbe «di essere anoressico». Con loro, tutto il coro dell’umanità passata e presente si alzerebbe a rivendicare, davanti al giudizio dei tempi, di non essere stata il contrario di ciò che è.

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