Il grande palco

Il grande palco

Secondo alcuni esperti, come il professor Alan Woodward dell’Università del Surrey, Internet è diventato un posto talmente pericoloso che sarebbe il caso di chiuderlo e di costruirlo di nuovo, dalle fondamenta (virtuali) in su. Questo perché, scrive Woodward, «la ferocia dei cyber-attacchi ha raggiunto l’anno scorso un livello tremendo».

La Rete virtuale, in altre parole, non è affatto un luogo migliore della Rete reale, nome che, per facilitare il paragone, potremmo attribuire alla società non-digitale. Che la comunità dei computer sia migliore di quella umana è dunque soltanto un’illusione che ci piace accarezzare: attribuiamo alle grandiose potenzialità offerte dalla Rete un valore morale che in realtà non hanno. Il trasferimento di molte attività umane su Internet non le ha affatto setacciate, separando il buono dal cattivo, il lodevole dall’ignobile: tutto è invece rimasto com’era, ovvero un’inestricabile mescolanza di bellezza e orrore.

Eppure c’è chi, come il professor Woodward, pensa che Internet sia l’ultima occasione offerta all’uomo per costruire una perfetta versione di se stesso: qualche filtro in più, una password a prova di bomba e un efficiente sistema di criptaggio ed ecco fondata la Società Ideale. Non è difficile pronosticare il fallimento di questo tentativo, così come hanno fallito tutti i progetti di pianificazione umana. Temiamo che Woodward debba rassegnarsi. Il mondo - web compreso - è un grande palco di Sanremo: ci canta Patti Smith e ci canta Gigi D’Alessio.

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