Se non vi dispiace, oggi parlerei di libri. Più precisamente, parlerei di libri che per tradizione e per pregiudizio non si capiscono. Ancora più precisamente, parlerei del libro difficile per eccellenza. Che non è la “Recherche”, la quale casomai spaventa per la sua lunghezza, o l’“Uomo senza qualità”, che procura sgomento per la vastità della sua palude intellettuale. No, il libro difficile, intricato, maledetto e intransitabile è, ancora oggi, “Ulisse” di James Joyce.
Non solo “Ulisse” è difficile: nella sua peculiarità riesce e essere difficile e scandaloso insieme. È stato proibito, censurato, bruciato e scomunicato molte volte, tanto che, all’alba del 2015, un articolo di Adam Thirlwell sulla “New York Review of Books” si intitola: “È ancora uno scandalo!” con un bel punto esclamativo finale.
Nel recensire un libro dedicato alle vicissitudini editoriali di “Ulisse” (“The Most Dangerous Book: The Battle for James Joyce’s Ulysses” di Kevin Birmingham), Thirlwell ripercorre le ridicole argomentazioni di giudici, avvocati, censori e autorità morali varie esposte negli anni contro l’opera stessa per arrivare a una conclusione sorprendente: tutto quel ciarpame moralista può tranquillamente dirsi obsoleto, l’indignazione per i passaggi più torbidi e sessualmente espliciti appare oggi sproporzionata e, tuttavia, il romanzo rimane scandaloso. Perché?
Secondo Thirlwell lo scandalo di “Ulisse” sta in una raggelante mancanza di romanticismo. Nello sforzo enciclopedico di raccontare la vita attraverso il resoconto di una giornata - il 16 giugno 1904 -, Joyce rifiuta di fornire al lettore quella pretesa comprensione religiosa, filosofica e morale del mondo che oggi anche il più scalcagnato scribacchino non rinuncia a mettere nelle sue pagine. “Ulisse” è una giornata strappata alla dimenticanza e nonostante ciò, una volta finito di leggerla e prima di aver avuto la possibilità di capirla, un’altra, annunciata ma non spiegata da Aurora dalle dita di rosa, già s’avanza all’orizzonte. Difficile la vita, difficile il suo libro.
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