«E questo chi l’ha ordinato?» ebbe a dire un fisico statunitense, Isidor Isaac Rabi, alla scoperta di una nuova particella che, dopo qualche dubbio, venne battezzata “muone”. Siamo negli anni ’50 o giù di lì, ovvero l’età d’oro della fisica: si era riusciti ad assestare una martellata al nucleo dell’atomo e da lì spuntavano ogni sorta di oggetti minuscoli.
Troppi, per i gusti degli scienziati, che già avevano difficoltà a comprendere il comportamento di protoni, neutroni ed elettroni. Tanto che anche Willis Lamb, altro fisico di assoluta eccellenza, finì per sbottare: «Un tempo chi trovava una particella elementare meritava il Nobel, oggi bisognerebbe dargli una multa».
Questo per dire che il mondo dell’infinitamente piccolo è anche il mondo dell’infinitamente complicato. Eppure si fanno ancora passi avanti, nonostante l’oggetto degli studi diventi sempre più sfuggente e bizzarro. I professori Takaaki Kajita e Arthur B. McDonald hanno appena ottenuto il Nobel per le loro scoperte sull’oscillazione dei neutrini, particelle cosi piccole che passano indisturbate attraverso ogni cosa, perfino sostanze di grande densità atomica come il piombo e la polenta taragna.
«Il neutrino oscilla e dunque ha massa: ecco una scoperta fondamentale per avvicinarci alla comprensione del funzionamento profondo della materia». Questo, più o meno, quello che hanno scritto tutti i giornali, senza spiegare perché e soprattutto senza poterlo fare per davvero. Nonostante i testi “divulgativi” sul Modello Standard non manchino, è da un bel pezzo che gli studi sull’atomo hanno perso contatto con la cultura generale, ovvero con gli strumenti di comprensione comuni, a disposizione anche dei più colti tra gli uomini della strada. Questo forse vuol dire che, prima o poi, gli scienziati afferreranno il segreto dell’universo, ma non avranno parole per spiegarlo a tutti. Ancora una volta, il "mistero del tutto" sarà conservato.
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