Il morbo inverso

Accertato e stabilito che la Pasqua ha a che fare con concetti non da poco quali la rinascita e il rinnovamento, dovremmo approfittarne, smaltiti gli zuccheri di uova e colombe, per tentare con le modeste forze che ci sono concesse di seguire tanto esempio, rigenerando noi stessi nei modi e nei termini più accessibili.

Tutto ciò, per quanto ragionevole, si scontra con un dato di fatto: cambiare è difficile. La dieta perseguita con la disciplina più ferrea prima o poi si scompone e crolla sotto la spintarella insinuante di una tentazione. Con i dovuti incentivi, a molti riesce di recitare a lungo, anche per anni, la parte di individui molto distanti dalla propria intima natura; poi, nei momenti cruciali, l’indole sottomessa riaffiora e si impone.

Per cambiare davvero occorre prima rendersi conto di quanto sia difficile farlo, e di quanto sia illusorio, al contrario, accontentarsi di cambiamenti gattopardeschi, di facciata: inganni senza altre vittime se non noi stessi. A tutto questo - che troverete ben poco allegro e piuttosto confuso - mi ha fatto pensare una notizia triste: quella della scomparsa, alcuni giorni fa, di Hayley Okines, la ragazza inglese di 17 anni sopraffatta da una rara malattia, chiamata “progeria” o anche “sindrome di Hutchinson-Gilford”. Caratteristico di questo morbo è l’invecchiamento precoce: la progeria imprime al decadimento cellulare un’accelerazione pari a circa 8 volte quella naturale. Risparmiata dalla malattia è solo la mente: l’unico organo a testimoniare della vera età del malato. Il resto decade rapidamente, costringendo degli adolescenti in corpi da centenari.

Immagino che chi, come Hayley, si scopra affetto da progeria maturi nei confronti della vita un atteggiamento diverso, più consapevole dei limiti del tempo, meno pigro nel disporsi al cambiamento. È come se tutti noi, allora, soffrissimo del morbo inverso: i corpi, con tutte le cure che oggi riserviamo loro, invecchiano lentamente, la mente, nella sua apatia, cede alla senilità.

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