Il nome

Il nome

Adesso scrivo un nome e vediamo che faccia fate: Luca Tesconi. Immagino che i più, tra voi, compiuto un piccolo sforzo di memoria, setacciate per bene le meningi, siano riusciti a recuperare l’informazione richiesta: Luca Tesconi è il carabiniere che, sabato scorso, ha conquistato la prima medaglia italiana a Londra 2012, nella pistola da dieci metri.

Ma se oggi ci sono voluti due o tre secondi per ricomporre la memoria olimpica e assegnare a Tesconi il ricordo che merita, domani, con ogni probabilità, di secondi ce ne vorranno cinque o sei e presto ne occorreranno dieci, fino a quando, un giorno non troppo lontano - e, anzi, più vicino di quanto possiamo pensare - il nome del povero carabiniere pistolero finirà, manzonianamente, a comporre un sussiegoso quesito: «Tesconi, chi era costui?»

A Tesconi, naturalmente, resterà la soddisfazione di aver vinto una medaglia alle Olimpiadi, ma questo non gli sarà stato sufficiente a incidere la memoria del pubblico: un destino, se ci si pensa, piuttosto ironico. Per avere il suo nome elevato, diffuso, strombazzato, magnificato e infine dimenticato nel giro di pochi giorni, il buon Tesconi si è fatto un mazzo tanto. Difficile immaginare quante pistolettate abbia dovuto tirare, quanto tempo abbia speso negli allenamenti e quante energie, mentali e fisiche, abbia dedicato alla sua disciplina nel corso dell’esistenza.

Si dirà: lo ha fatto per se stesso, perché facendolo si è divertito e si è migliorato, perché il farlo lo ha appassionato e retribuito in modo più soddisfacente e duraturo del riconoscimento del pubblico. Eppure, sembra ingiusto che la gente non sappia far meglio, per riconoscere il suo sforzo, che tenere a mente il suo nome non più di qualche giorno. In fondo, però, lo stesso vale per tutti noi ed è questo che rende l’Olimpiade così simile alla vita: durissima, effimera, fantastica.

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