Potrei sbagliarmi, ma credo proprio di non aver mai riscontrato tanta ostilità nei confronti di un anno. La fine del 2016 non solo è stata salutata con un sentimento collettivo di liberazione: addirittura, ci si è voluti accanire contro l'anno morente coprendolo di insulti.
Tutti avevamo una ragione per detestare il 2016: qualcuno per motivi personalissimi, molti perché toccati dalla spirale di violenza in cui è precipitato il mondo, moltissimi a causa della crisi, qualcuno perfino perché a lutto per la perdita di una rockstar. I più, direi, per tutte queste ragioni insieme.
Ciò detto, non occorre leggere i notiziari per capire che, in realtà, non c'è istantanea differenza tra un anno e l'altro, che la mezzanotte del 31 dicembre segna un confine solo convenzionale e che oggi, 2 gennaio 2017, tutto in pratica è come era 48 ore fa. Il sentimento di liberazione, l'impulso a scaricarsi di colpo del fardello emotivo, è dovuto al desiderio di trovare un nuovo inizio e l'arrivo dell'anno sembra offrire l'occasione perfetta, se non addirittura un aiuto, una spinta, perché il calendario suggerisce un percorso purificato e incontaminato.
Basta andare su Google e digitare le parole "un nuovo inizio" per scoprire quanto questo desiderio sia sterminato e multiforme. C'è chi sostiene si possa fare applicando 9 regolette, che vanno dall'essere sempre gentili al non indossare magliette offensive. Altri metodi sono più articolati e seriosi, ma tutti fanno appello allo stesso elemento: quella parte migliore di noi che saprebbe benissimo come migliorare il tutto di noi ma non ci riesce mai perché domani è un giorno qualunque, e il calendario non promette alcuna svolta, non suggerisce la possibilità di scaricare su un anno ormai corrotto la spazzatura delle cattive abitudini. Eppure, ogni mezzanotte vale l'altra e non è affatto necessario aspettare quella del 31 dicembre. Pare addirittura, così dicono i più arditi, che le 11 di sera siano un ottimo orario per stappare il nuovo inizio.
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