Il Paese di Alice

Certo: non è bello spararsi addosso o, per meglio esprimersi, dirigere il fuoco amico sulla propria categoria. Qualche volta, però, è necessario: lo dobbiamo alla verità e lo facciamo per il bene della categoria stessa. Ecco perché qualche metaforica cannonata sui giornalisti andrebbe proprio esplosa. Contribuirebbe a soffocare, finalmente. l’indecente linciaggio della povera Alice Sabatini.

Per i più distratti, Alice è la ragazza che ha vinto il concorso Miss Italia. Rassegna già abbastanza in disgrazia - l’interesse dei telespettatori per le serate trasmesse in tv è stato più che modesto - e ora dilaniata dalla stampa, che ha trovato nella vincitrice un facile bersaglio. Vero, lei se l’è cercata, affermando tutta sorridente una sciocchezza come «avrei voluto vivere durante la Seconda guerra mondiale per vedere com’era», ma non è questa ragione sufficiente per farne, giorno dopo giorno, uno zimbello nazionale.

Alice ha tutto il diritto di dire delle sciocchezze: è giovane (è nata nel 1996, praticamente l’altroieri) e ha partecipato a un concorso di bellezza, non a un master in neurologia. Come se non bastasse, i suoi critici sono giornalisti, categoria la cui cultura proviene - salvo eccezioni - da Wikipedia, stirpe che vanta un rapporto sciocchezze/ora superiore a quello di Stanlio e Ollio e accozzaglia munita di titoli accademici buoni giusto per la zappa, se non fosse per la consuetudine, tutta moderna, di leggere notizie malscritte al mattino invece che letteratura stagionata la sera.

Insomma, basta. Basta con questa voluttà di perseguitare l’innocua sventatezza della miss come se fosse un crimine contro l’umanità e basta con i lasciapassare alle fesserie più sanguinose commesse dai potenti di turno. Non è solo la Volskwagen a mentire sulla dannosità delle emissioni. Lo fanno anche i giornalisti, tutti i santi giorni, quando sorvolano sulla tossicità delle arroganti boiate del caporaletto davanti al quale, prontamente, si mettono in ginocchio.

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