Tra gli esploratori della psicologia umana c’è qualcuno che, per fortuna, sa farsi le domande giuste senza timore che possano sembrare un po’ strane o addirittura ridicole. Per esempio, questa: «Perché invece di fare ciò che sappiamo farci felici, ce ne stiamo tutta la sera sul divano davanti alla tv?»
La domanda si muove dalla premessa che la maggior parte di noi sappia precisamente ciò che «fa felici». Molti potrebbero dubitarne e liquidare la premessa di cui sopra come errata. Forse perché capita di pensare alla felicità come a uno stato elevato e rarissimo, basato su condizioni difficili quanto irrinunciabili. Gli esploratori di cui sopra - che sul tema hanno pubblicato un articolo nel “Journal of Positive Psychology” - dicono invece che, messa alle strette, la gente sa riconoscere a colpo sicuro la fonte della felicità: essa giace in certe attività al tempo stesso impegnative e appaganti. A seconda delle inclinazioni individuali, può trattarsi dello sport, della cucina, della musica (nel senso di farla, non di ascoltarla e basta), del disegno. La felicità, secondo gli studiosi, sgorga quando stimoliamo i nostri talenti con il giusto gradiente di sfida. Noi lo sappiamo, o quantomeno arriviamo a intuirlo. Da qui il paradosso: perché allora preferiamo la passività del divano e della tv?
La risposta può suonare ovvia ma la si afferra in tutte le sue implicazioni solo formulandola per esteso. La felicità portata dalle suddette attività, pur indiscutibile e riconosciuta per sostanziale, arriva tuttavia al prezzo di uno sforzo. Secondo i ricercatori quello di vincere la fatica fisica e mentale; secondo me anche quello di superare la paura di venir sconfitti da se stessi, di misurare cioè la presunta insufficienza (secondo però parametri soggettivi e infondati) del nostro talento. Gli esperti dicono che l’ostacolo si salta rimuovendo l’ inerzia: facilitando, in altre parole, l’avvio dell’attività tramite organizzazione, logistica e condivisione. Io aggiungo che, comunque, anche per cercare di essere felici ci vuole un po’ di coraggio.
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