Il piano B

Ci dicono i giornali che le banche, nella loro infinita malvagità, hanno un "piano B" già pronto nel caso l’eurozona dovesse andare definitivamente a catafascio. Si intende che ce l’hanno, il piano, le banche straniere, in particolare quelle tedesche, perché le banche italiane è già tanto se hanno un piano A che, comunque, consiste sempre nel tenere tra le dita un cornetto di corallo - o altri ammennicoli più morbidi - ogni giorno all'apertura delle Borse.

Nel mio piccolo avrei deciso di abbandonare le banche italiane al loro destino e di seguire invece l’esempio degli istituti esteri i quali, così riferiscono i giornali, in questi giorni hanno sfornato ogni sorta di rapporti interni ipotizzando scenari estremi: il crollo dell’euro, l’Europa degradata da continente a periferia di Minsk e il Portogallo venduto ai cinesi perché ne facciano uno stenditoio per il bucato del giovedì. Similmente, io avrei deciso di figurarmi lo scenario più estremo possibile: ovvero lo scenario inimmaginabile, quello che non è dato razionalizzare e, per conseguenza, descrivere.

È lo scenario nel quale dalla mia coscienza, ancor prima che dalla realtà oggettiva, spariscono le Borse e soprattutto l’insensato sussultare ogni volta che l’indice Mib va in negativo, in cui scompare l’assurda angoscia per il tiramolla dello spread. In pratica, è lo scenario per cui svanisce - non crolla: svanisce - tutto ciò che il piano A cerca di salvare. In fondo, è questo il miglior piano B: non avere un piano A.

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