«Gli piacciono ancora i festeggiamenti» ha rivelato ieri la moglie, «soprattutto quando è lui il festeggiato». Non poteva riassumere meglio, la signora Lonnie, il carattere del suo famoso marito: Mohamed Alì, al secolo Cassius Marcellus Clay, 70 anni compiuti ieri e per l’eternità il più grande pugile mai visto al mondo.
È stato, Alì, il più grande pugile di sempre non solo perché lo diceva lui (e lo diceva spesso): lo è stato perché, prima e dopo di lui, non si è mai più visto sul ring niente di lontanamente simile. Non la stessa eleganza, non la stessa intelligenza, non la stessa sfacciataggine. Di uno sport chiamato "nobile arte" dapprima perché inventato e praticato da nobili che volevano suonarsele con rispettabilità e poi per tentare di mascherarne le sempre crescenti magagne morali, Mohamed Alì è stato profeta e supremo sacerdote. Prima di salire sul ring lasciava volare le parole, rapidissime e pungenti; poi, una volta nel quadrato, alla stessa vertiginosa velocità faceva volare i pugni, mentre le gambe, che spuntavano dai pantaloncini bianchi, eseguivano una danza impudente e leggera: ecco un ballerino di un quintale e mezzo; non è uno spettacolo?
La carriera di Alì è la dimostrazione che la nobiltà delle cose sta tutta nel come si fanno: lui riusciva a trasformare il prendersi a cazzotti in un’arte sublime; c’è chi, invece, trasforma le attività più nobili in turpi sceneggiate.
È stato, Alì, il più grande pugile di sempre non solo perché lo diceva lui (e lo diceva spesso): lo è stato perché, prima e dopo di lui, non si è mai più visto sul ring niente di lontanamente simile. Non la stessa eleganza, non la stessa intelligenza, non la stessa sfacciataggine. Di uno sport chiamato "nobile arte" dapprima perché inventato e praticato da nobili che volevano suonarsele con rispettabilità e poi per tentare di mascherarne le sempre crescenti magagne morali, Mohamed Alì è stato profeta e supremo sacerdote. Prima di salire sul ring lasciava volare le parole, rapidissime e pungenti; poi, una volta nel quadrato, alla stessa vertiginosa velocità faceva volare i pugni, mentre le gambe, che spuntavano dai pantaloncini bianchi, eseguivano una danza impudente e leggera: ecco un ballerino di un quintale e mezzo; non è uno spettacolo?
La carriera di Alì è la dimostrazione che la nobiltà delle cose sta tutta nel come si fanno: lui riusciva a trasformare il prendersi a cazzotti in un’arte sublime; c’è chi, invece, trasforma le attività più nobili in turpi sceneggiate.
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