Ora che la bella stagione è stata razionata (potranno goderne per legge solo i Vip, a patto che, come già accade, mettano sui siti dei quotidiani nazionali le loro foto in costume da bagno), non resta che rievocare la primavera con gli strumenti che abbiamo. Uno su tutti: la fantasia.
Poiché la nostra fantasia è poca cosa, dovremo rivolgerci a chi ne ha per professione. Nel caso, il Poeta Wordsworth (1770-1850). Essendo il Poeta Wordsworth un poeta inglese, potremmo supporre che, marinato in pioggerelle insistenti e ottenebrato da profonde nebbie, della primavera sapesse poco o punto e sarebbe stato addirittura in difficoltà a distinguerla, sui due piedi, da un rognone trifolato. Non è così: davanti alla primavera il Poeta Wordsworth dava il meglio di sé: gonfiava il petto, ridacchiava un poco ed ecco che, chino sui fogli, il suo verseggiare procedeva a gonfie vele. Esempio brillantissimo è la lirica "Versi scritti allo sbocciare di primavera". Ne trascrivo un passo:
«Alle sue mirabili opere la natura avvinceva / L’anima umana che mi permeava tutto, / E molto s’affliggeva il mio cuore a pensare / Quel che l’uomo ha fatto dell’uomo.»
Niente male, eh? Scommetto che a leggere questi versi i suoi amici si saranno congratulati con lui. «Ma guarda un po’» avranno detto, «guarda lì il Poeta Wordsworth tutto permeato dall’anima umana».
Ma che cosa intendeva, il Poeta Wordsworth, con questi suoi versi? Stupisce che lo chiediate a me e non a Lui ma - solo per questa volta - farò del mio meglio per spiegarvelo. Molto probabilmente, Egli alludeva all’impossibilità, per l’uomo moderno, di tornare alla Natura. Ovvero alla nostra incapacità di individui non più ingenui, ma grigi e intristiti, di entrare in sintonia con il luminoso risveglio del Creato. Sarà lieto di sapere, il Poeta Wordsworth, che ci ha pensato la Natura, con questo maggio 2013 gelido e aspro, a rimettersi al passo con l’uomo moderno.
Poiché la nostra fantasia è poca cosa, dovremo rivolgerci a chi ne ha per professione. Nel caso, il Poeta Wordsworth (1770-1850). Essendo il Poeta Wordsworth un poeta inglese, potremmo supporre che, marinato in pioggerelle insistenti e ottenebrato da profonde nebbie, della primavera sapesse poco o punto e sarebbe stato addirittura in difficoltà a distinguerla, sui due piedi, da un rognone trifolato. Non è così: davanti alla primavera il Poeta Wordsworth dava il meglio di sé: gonfiava il petto, ridacchiava un poco ed ecco che, chino sui fogli, il suo verseggiare procedeva a gonfie vele. Esempio brillantissimo è la lirica "Versi scritti allo sbocciare di primavera". Ne trascrivo un passo:
«Alle sue mirabili opere la natura avvinceva / L’anima umana che mi permeava tutto, / E molto s’affliggeva il mio cuore a pensare / Quel che l’uomo ha fatto dell’uomo.»
Niente male, eh? Scommetto che a leggere questi versi i suoi amici si saranno congratulati con lui. «Ma guarda un po’» avranno detto, «guarda lì il Poeta Wordsworth tutto permeato dall’anima umana».
Ma che cosa intendeva, il Poeta Wordsworth, con questi suoi versi? Stupisce che lo chiediate a me e non a Lui ma - solo per questa volta - farò del mio meglio per spiegarvelo. Molto probabilmente, Egli alludeva all’impossibilità, per l’uomo moderno, di tornare alla Natura. Ovvero alla nostra incapacità di individui non più ingenui, ma grigi e intristiti, di entrare in sintonia con il luminoso risveglio del Creato. Sarà lieto di sapere, il Poeta Wordsworth, che ci ha pensato la Natura, con questo maggio 2013 gelido e aspro, a rimettersi al passo con l’uomo moderno.
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