Il portavoce

Il portavoce

Per chi di mestiere fa il portavoce, la politica del silenzio non è mai una buona scelta. Potrebbe essere una pagina di Achille Campanile quella in cui il funzionario di un partito si precipita strepitando nell’ufficio del segretario: «Capo, capo! Gli avversari ci attaccano». «E il nostro portavoce che cosa dice?» «Niente, silenzio assoluto». «Come!» «Ha perduto la voce...» «Ha perduto la voce! L’unica cosa che è specificamente incaricato di portare sempre con sé! Licenziatelo!»
Perché una simile circostanza non debba mai realizzarsi, i portavoce badano bene a non farsi mai mancare la voce e trovano il modo di intervenire su ogni argomento. Tra i portavoce più assidui, si annovera senz’altro Daniele Capezzone del Pdl il quale, ieri, appresa la notizia che l’Onu aveva preso posizione contro il ddl sulle intercettazioni, ha subito estratto la voce d’ordinanza e se n’è uscito con una singolare dichiarazione. In sintesi, il pensiero di Capezzone è questo: «Che l’Onu si occupasse di dittature».
A prima vista non sembra la cosa più intelligente che un portavoce abbia mai detto. A seconda vista, l’impressione cambia: si tratta invece di una delle cose più avventate che un portavoce abbia mai detto. «Si occupassero di dittature» è la risposta meno incisiva e, soprattutto, meno funzionale che un portavoce, sul tema, potesse escogitare. Non è pensabile, infatti, che l’Onu si faccia dire da Capezzone di che cosa deve occuparsi e la risposta del portavoce suona pertanto arrogante e autoritaria. E dunque conferma l’opinione che l’Onu ha del nostro governo.

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