Chiamatemi irresponsabile, ma se io fossi nei panni di Mario Draghi in questi giorni me la spasserei un mondo.
Pensate a quanto è accaduto negli ultimi giorni: dapprima il buon Draghi fa un commento sul fatto che la Banca centrale europea, di cui è governatore, ce la metterà tutta per salvare l’euro e le Borse impazziscono di gioia: l’indice Mibtel sembrava la lancetta nel tachimetro di una Ferrari, lo spread, fino a un momento prima un drago fiammeggiante, si è di colpo trasformato in un cucciolo di cocker. Poi, appena l’altroieri, Draghi ripete sostanzialmente le stesse cose - ovvero che ci saranno misure a favore dell’euro - ma, chissà, forse la sua voce è un poco incrinata, forse i suoi occhi lasciano intravedere un dubbio, forse la cravatta presenta un’imperdonabile macchia di unto, ed ecco che si scatena il finimondo: la Borsa precipita come uno stukas, lo spread esonda come un fiume del Bangladesh e gli imbianchini piegano i Btp per farne dei copricapo antimacchia.
Fossi in Draghi, ripeto, ne approfitterei per divertirmi un po’. Passando davanti a un microfono borbotterei «Adesso vado a mangiare un boccone», giusto per vedere le Borse fremere d’ottimismo e l’euro rianimarsi come un geranio appena annaffiato, per poi aggiungere, a bruciapelo: «Sperando che il pranzo non mi resti sullo stomaco», e assistere così alla conseguente frana dei titoli, allo slittamento delle obbligazioni e al testacoda delle azioni.
Piacere crudele, direte voi, e avete ragione. Crudele ma irresistibile, dico io. Sfido chiunque scopra di poter muovere le montagne con una parola a non abusarne. Sarà cinismo ma, dopo tutto, ben pochi nella Storia sono stati gli uomini che, messi nelle condizioni di manovrare la stupidità collettiva, non ne hanno approfittato.
Pensate a quanto è accaduto negli ultimi giorni: dapprima il buon Draghi fa un commento sul fatto che la Banca centrale europea, di cui è governatore, ce la metterà tutta per salvare l’euro e le Borse impazziscono di gioia: l’indice Mibtel sembrava la lancetta nel tachimetro di una Ferrari, lo spread, fino a un momento prima un drago fiammeggiante, si è di colpo trasformato in un cucciolo di cocker. Poi, appena l’altroieri, Draghi ripete sostanzialmente le stesse cose - ovvero che ci saranno misure a favore dell’euro - ma, chissà, forse la sua voce è un poco incrinata, forse i suoi occhi lasciano intravedere un dubbio, forse la cravatta presenta un’imperdonabile macchia di unto, ed ecco che si scatena il finimondo: la Borsa precipita come uno stukas, lo spread esonda come un fiume del Bangladesh e gli imbianchini piegano i Btp per farne dei copricapo antimacchia.
Fossi in Draghi, ripeto, ne approfitterei per divertirmi un po’. Passando davanti a un microfono borbotterei «Adesso vado a mangiare un boccone», giusto per vedere le Borse fremere d’ottimismo e l’euro rianimarsi come un geranio appena annaffiato, per poi aggiungere, a bruciapelo: «Sperando che il pranzo non mi resti sullo stomaco», e assistere così alla conseguente frana dei titoli, allo slittamento delle obbligazioni e al testacoda delle azioni.
Piacere crudele, direte voi, e avete ragione. Crudele ma irresistibile, dico io. Sfido chiunque scopra di poter muovere le montagne con una parola a non abusarne. Sarà cinismo ma, dopo tutto, ben pochi nella Storia sono stati gli uomini che, messi nelle condizioni di manovrare la stupidità collettiva, non ne hanno approfittato.
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