Il povero Apollo

Il signor Jawdat Abu Ghurab fa il pescatore in Palestina. E per quanto, nell’area, la sua professione abbia conosciuto in passato esponenti illustri, non è che se la passi tanto bene. Fare il pescatore è un mestiere duro: farlo nella Striscia di Gaza - la sua casa è a Deir al-Balah - ancora di più. Spesso non gli resta che sperare in una pesca particolarmente fortunata. Lo scorso agosto pensava di averla realizzata.

Al momento, non aveva avuto l’impressione che si trattasse di un colpo di fortuna: nella sua rete era rimasta impigliata quella che sembrava una sagoma umana. E lo era, una sagoma umana: quella di un Apollo in bronzo vecchio di 2500 anni. Una statua magnifica.

Da quel momento per il signor Jawdat Abu Ghurab è incominciata un’avventura che, c’è da giurarci, lui avrebbe sperato andasse a finire molto diversamente. Certo di aver per le mani un tesoro archeologico, Jawdat ha pensato che forse valeva la pena farlo passare in Egitto e lì trovare un compratore. Un’idea poteva essere quella di spostarlo attraverso i tunnel utilizzati dai contrabbandieri, scavati per aggirare le limitazioni imposte dai governi di Israele ed Egitto dopo la presa di potere di Hamas a Gaza ma, purtroppo per il nostro pescatore, tali scorciatoie sono state recentemente chiuse dall’esercito egiziano.

Jawdat Abu Ghurab ha pensato allora di affidarsi alle autorità del suo Paese e ha consegnato l’Apollo ai militanti di Hamas. «Ci pensiamo noi» hanno detto costoro prendendo in consegna la statua.

Da allora il superbo Apollo greco è comparso brevemente su eBay, in vendita per mezzo milione di dollari, ma è stato ritirato senza che una transazione fosse conclusa. Jawdat Abu Ghurab in ogni caso non l’ha più visto e il patrimonio artistico mondiale ne è orbo: con ogni probabilità, è stato venduto sottobanco.

Una triste storia di avidità che vince sulla bellezza e sulla cultura. Uno solo può trarne un insegnamento: il dio Apollo, che avrà imparato che cosa si ricava a mischiarsi con gli umani.

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