Il calciatore del Livorno Piermario Morosini, ricorderete, è morto sul campo di gioco dello stadio di Pescara il 14 aprile scorso. Ho scritto "ricorderete" a sottolineare il fatto che non potrete certo aver dimenticato: il fatto è troppo recente e troppo drammatico perché, di quella vicenda, noi tutti si abbia un’impressione meno che viva.
Detto questo, forse vi interesserà sapere che ieri, giovedì 26 aprile, a neanche due settimane dalla morte di Morosini, è stato assegnato a Palermo un premio alla sua memoria. Il primo, credo, anche se non posso escludere che, altrove, qualcuno abbia pensato a una rievocazione dello sfortunato calciatore perfino più rapida.
Un premio alla "memoria", vorrei azzardare, sembrerebbe appropriato per rinverdire, anno dopo anno, la memoria di una persona il cui contributo all’umanità non si vuole vada disperso per colpa del tempo e dei testimoni che nel tempo svaniscono. Dopo due settimane scarse, difficilmente si corre un rischio del genere. Al contrario, come abbiamo detto, la scomparsa di Morosini è un ricordo acceso sia sotto il profilo emotivo sia sotto quello intellettuale. In una prospettiva della memoria, dire "due settimane fa" è come dire "adesso".
Che cosa dunque puntavano a celebrare, a Palermo, se non la memoria? Vien da pensare che la fulminea intitolazione di un premio a Morosini risponde benissimo a un’inclinazione tutta nazionale: ricordare agli altri ciò che sappiamo per certo gli altri già ricordano da sé. Significa partecipare a una sorta di sagra paesana della rievocazione, una festicciola della rimembranza, significa alimentare non la memoria ma il suo pettegolezzo.
È quando ricordare vuol dire impegno, coerenza e sostanza morale che, tutti insieme, incominciamo a dimenticare.
Detto questo, forse vi interesserà sapere che ieri, giovedì 26 aprile, a neanche due settimane dalla morte di Morosini, è stato assegnato a Palermo un premio alla sua memoria. Il primo, credo, anche se non posso escludere che, altrove, qualcuno abbia pensato a una rievocazione dello sfortunato calciatore perfino più rapida.
Un premio alla "memoria", vorrei azzardare, sembrerebbe appropriato per rinverdire, anno dopo anno, la memoria di una persona il cui contributo all’umanità non si vuole vada disperso per colpa del tempo e dei testimoni che nel tempo svaniscono. Dopo due settimane scarse, difficilmente si corre un rischio del genere. Al contrario, come abbiamo detto, la scomparsa di Morosini è un ricordo acceso sia sotto il profilo emotivo sia sotto quello intellettuale. In una prospettiva della memoria, dire "due settimane fa" è come dire "adesso".
Che cosa dunque puntavano a celebrare, a Palermo, se non la memoria? Vien da pensare che la fulminea intitolazione di un premio a Morosini risponde benissimo a un’inclinazione tutta nazionale: ricordare agli altri ciò che sappiamo per certo gli altri già ricordano da sé. Significa partecipare a una sorta di sagra paesana della rievocazione, una festicciola della rimembranza, significa alimentare non la memoria ma il suo pettegolezzo.
È quando ricordare vuol dire impegno, coerenza e sostanza morale che, tutti insieme, incominciamo a dimenticare.
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