Il prezzo della felicità

Dicono i notiziari che due biglietti autografi di Albert Einstein, scritti nel 1922 su carta intestata dell’Imperial Hotel di Tokyo, sono stati venduti all’asta per oltre un milione e mezzo di dollari. Nei biglietti si leggono due frasette interessanti: 1) “Una vita tranquilla e modesta porta più gioia del perseguimento del successo legato a un’agitazione instancabile”, 2) “Dove c’è la volontà, c’è un modo”.

Leggenda vuole che Einstein, ricevuto da un fattorino il messaggio che gli annunciava il conferimento del Nobel, volesse elargire una mancia all’umile ambasciatore. Ma in Giappone le mance non si danno, è cattiva educazione, almeno in denaro. Forse Einstein pensò di gratificare il fattorino con un poco di ciò che, dopo tutto, lo aveva reso famoso: il pensiero.

Novantacinque anni dopo sappiamo che il pensiero di Einstein - o almeno due scampoli di esso - vale un milione e mezzo di dollari: un prezzo alto ma che, se teniamo in conto la portata intellettuale del personaggio, lo dobbiamo considerare una svalutazione. I giornali hanno definito “formula della felicità” la prima nota del grande fisico e per quanto lui stesso pensasse che le sue carte un giorno avrebbero avuto un valore economico, forse non avrebbe potuto immaginare che se ne sarebbe parlato in un contesto tanto lontano, quasi opposto, al loro contenuto. Ma, come poi sosteneva lui stesso, tutto è relativo.

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