La pugile, secondo quanto dice l’Ansa, non pugilò affatto. Soprattutto non fece scappare nessuno straniero che tentava di aggredirla. Questo perché non c’erano stranieri e non c’era aggressione. Leggiamo la notizia:
«PORDENONE, 15 OTT – È stata denunciata per simulazione di reato e procurato allarme la pugile italo-spagnola di 28 anni, residente a Pordenone, ma di origini brasiliane, che una settimana fa sul proprio profilo Facebook, aveva scritto di aver subito un tentativo di aggressione notturna da parte di tre stranieri, rifugiati, nella zona della stazione ferroviaria».
Il resto della nota Ansa spiega che mentre la pugile si vantava sul social di aver “steso” i tre, e ripeteva la storia ai cronisti locali e nazionali, la polizia ha accertato che si trattava di un’invenzione, forse di una sbruffonata, il tentativo di farsi pubblicità toccando una corda tesissima della sensibilità sociale.
È questo il tipo di notizia da collocare in bella vista, come una trappola, per attirare commenti già scritti. Alcuni la sfrutterebbero per sostenere come la paura dello straniero sia infondata, alimentata da un razzismo che non esita ad autogiustificarsi ricorrendo all’invenzione . Altri diranno invece che una mitomane (peraltro mezza straniera) non fa primavera e che per un’aggressione inventata ce ne sono altre mille sacrosante. «Razzisti», «buonisti» : e via ripetendo l’eterna cantilena.
Io, nel mio angolo insignificante, ho la pretesa di leggere in questa storia una morale diversa. Ci sono allarmi sociali - come quello dell’indulgenza al crimine da parte degli immigrati - che non ha più importanza se sono veri o falsi, concreti o presunti; o meglio, lo sono e non lo sono nello stesso tempo, a seconda che si voglia generalizzare da una parte o dall’altra, lasciando a chi non ha nulla da guadagnare in termini politici ed elettorali lo sforzo di distinguere, capire, approfondire. Per quello non c’è tempo: sorge già una nuova emergenza e il primo che arriva è quello che la sfrutta meglio.
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